Debito UE: una spirale pericolosa?
I conti pubblici dell’Unione Europea destano preoccupazione. Secondo le proiezioni di CaixaBank Research, il rapporto debito/PIL del blocco, che misura il debito di uno stato rispetto alla sua produzione economica, potrebbe raggiungere il 100% entro il 2035 senza decise correzioni di rotta. A mio avviso, questa traiettoria, alimentata da sfide come l’invecchiamento demografico e la transizione verde, rischia di soffocare la crescita e di limitare la libertà economica delle future generazioni. Mentre la Spagna si profila come il paese con la maggiore crescita tra i grandi, la tendenza generale impone una riflessione seria sulla sostenibilità della spesa pubblica. Non possiamo ignorare il peso che un debito crescente impone sui mercati e sulla fiducia degli investitori.
Ucraina: un prestito da beni congelati
La Commissione Europea, il braccio esecutivo dell’UE, sta intensificando i negoziati con il Belgio per sbloccare un prestito da 140 miliardi di euro destinato all’Ucraina. La particolarità di questa mossa finanziaria risiede nella sua origine: i profitti generati dagli asset russi congelati. Comprendo la logica politica, ma non posso fare a meno di notare i complessi rischi legali e finanziari. Il timore di Bruxelles è che il Belgio, dove è custodita la maggior parte di questi fondi, possa essere chiamato a rispondere direttamente a Mosca qualora la guerra finisse e i beni dovessero essere restituiti. Nel frattempo, Bloomberg riporta che Kiev sta negoziando con gli Stati Uniti per l’acquisto di missili a lungo raggio Tomahawk, sebbene il Presidente Trump si sia mostrato esitante.
Sussidi all’industria: il bivio dell’acciaio verde
In Germania, la discussione sull’intervento statale nell’economia si riaccende. Anke Rehlinger, ministro presidente della Saarland, ha definito l’”acciaio verde” una tecnologia cruciale per il futuro, auspicando aiuti transitori per proteggere clima e posti di lavoro. Sebbene l’obiettivo sia lodevole, la mia prospettiva liberale mi porta a essere scettico sull’efficacia dei sussidi. Spesso, questi interventi distorcono la concorrenza e rallentano l’innovazione autentica che solo un mercato libero può stimolare. Credo che la vera sostenibilità, economica e ambientale, si costruisca incentivando l’imprenditorialità e la ricerca, non con soluzioni tampone finanziate dai contribuenti.
Transizione energetica: il ritorno del nucleare
Mentre l’Europa persegue i suoi ambiziosi obiettivi climatici, l’Italia apre a nuove soluzioni. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha ribadito l’impegno a limitare l’aumento delle temperature globali a 1,5 gradi, sottolineando però che le energie rinnovabili da sole non bastano. Per la prima volta, queste coprono il 50% della produzione elettrica italiana, eguagliando i combustibili fossili. Tajani ha quindi evocato la necessità di ricorrere a “tutte le tecnologie disponibili”, citando esplicitamente il nucleare di ultima generazione e i biocarburanti. Trovo che questo approccio pragmatico sia un segnale positivo, un passo verso una strategia energetica basata sull’evidenza e non sull’ideologia.
Le dinamiche dei mercati e le decisioni politiche continueranno a intrecciarsi: ne analizzeremo i prossimi sviluppi nella prossima edizione di The Gist.
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