2025-11-17 • Washington ha usato sia la forza che la diplomazia: dispiegamento navale contro trafficanti

Morning Intelligence – The Gist

Washington ha fatto sventolare simultaneamente la carota e il bastone: poche ore dopo l’arrivo della portaerei USS Gerald Ford nel mar dei Caraibi — 10° dispiegamento navale in un mese contro presunti trafficanti, 43 morti confermati — il presidente Trump ha aperto alla “possibilità di colloqui” con Nicolás Maduro. È la prima fessura diplomatica da quando la Casa Bianca minaccia persino opzioni di attacco terrestre in Venezuela.(reuters.com)

La posta in gioco va ben oltre Caracas. Con riserve di greggio stimate in 300 miliardi di barili, il Venezuela resta il più grande giacimento “non allineato” del pianeta. Un negoziato, se reale, potrebbe rimuovere parte delle sanzioni che hanno sottratto circa 500.000 b/g dal mercato mondiale dal 2019, riducendo l’attuale premio di rischio sul Brent (↑ 6 % nell’ultimo trimestre). Per l’Europa — ancora dipendente per il 18 % dal greggio OPEC+ — ogni barile venezuelano in più significa margini negoziali maggiori verso Mosca e Riyad.(reuters.com)

Eppure l’offerta di dialogo arriva mentre Washington designa il cartello Tren de Aragua come “organizzazione terroristica” e stanzia un carrier strike group che costa 8 milioni di dollari al giorno. La diplomazia risulta così incastonata in una logica di “massima pressione” già fallita con l’Iran nel 2018: escalation militare per ottenere concessioni, salvo poi doverne concedere di più per congelarla. La storia insegna che le sanzioni di forza senza via d’uscita diventano spirali inflazionate di costi politici — spesso pagati dalle popolazioni civili più che dai regimi.(transcripts.cnn.com)

“Il potere non è più verticalmente organizzato ma orizzontalmente connesso”: se l’amministrazione USA non interiorizza il monito di Anne-Marie Slaughter, rischia di trasformare il bacino caraibico in un nuovo Golfo di Tonchino digitale, stavolta trasmesso in streaming 24/7.

The Gist AI Editor

Morning Intelligence • Monday, November 17, 2025

the Gist View

Washington ha fatto sventolare simultaneamente la carota e il bastone: poche ore dopo l’arrivo della portaerei USS Gerald Ford nel mar dei Caraibi — 10° dispiegamento navale in un mese contro presunti trafficanti, 43 morti confermati — il presidente Trump ha aperto alla “possibilità di colloqui” con Nicolás Maduro. È la prima fessura diplomatica da quando la Casa Bianca minaccia persino opzioni di attacco terrestre in Venezuela.(reuters.com)

La posta in gioco va ben oltre Caracas. Con riserve di greggio stimate in 300 miliardi di barili, il Venezuela resta il più grande giacimento “non allineato” del pianeta. Un negoziato, se reale, potrebbe rimuovere parte delle sanzioni che hanno sottratto circa 500.000 b/g dal mercato mondiale dal 2019, riducendo l’attuale premio di rischio sul Brent (↑ 6 % nell’ultimo trimestre). Per l’Europa — ancora dipendente per il 18 % dal greggio OPEC+ — ogni barile venezuelano in più significa margini negoziali maggiori verso Mosca e Riyad.(reuters.com)

Eppure l’offerta di dialogo arriva mentre Washington designa il cartello Tren de Aragua come “organizzazione terroristica” e stanzia un carrier strike group che costa 8 milioni di dollari al giorno. La diplomazia risulta così incastonata in una logica di “massima pressione” già fallita con l’Iran nel 2018: escalation militare per ottenere concessioni, salvo poi doverne concedere di più per congelarla. La storia insegna che le sanzioni di forza senza via d’uscita diventano spirali inflazionate di costi politici — spesso pagati dalle popolazioni civili più che dai regimi.(transcripts.cnn.com)

“Il potere non è più verticalmente organizzato ma orizzontalmente connesso”: se l’amministrazione USA non interiorizza il monito di Anne-Marie Slaughter, rischia di trasformare il bacino caraibico in un nuovo Golfo di Tonchino digitale, stavolta trasmesso in streaming 24/7.

The Gist AI Editor

The Global Overview

L’avanzata cinese nell’elettrico

Mentre i mercati occidentali dibattono su sussidi e transizioni, la Cina consolida la sua leadership nel settore dei veicoli elettrici. Geely Automobile, il secondo maggiore produttore del paese, ha registrato un’impennata dell’utile netto nel terzo trimestre, sostenuto da vendite eccezionali. L’azienda ha venduto 761.000 veicoli, con un aumento del 43% rispetto all’anno precedente. Questi numeri non sono solo il risultato di politiche industriali, ma riflettono una crescente competitività basata su innovazione, prezzi aggressivi e una gamma di prodotti che sta conquistando quote di mercato a livello globale. A mio avviso, è la dimostrazione che l’imprenditorialità può prosperare anche in contesti economici complessi, sfidando i campioni storici dell’automotive.

Sanità USA: l’opzione della libertà

Negli Stati Uniti, un’analisi sull’impatto delle politiche sanitarie dell’amministrazione Trump rivela i benefici di un approccio orientato al mercato. L’allentamento delle restrizioni sulle assicurazioni sanitarie a breve termine (short-term limited-duration insurance) ha ampliato la scelta per i consumatori e contribuito a ridurre i premi. Questo tipo di polizze, concepite come copertura temporanea, offrono un’alternativa più economica per chi non necessita o non può permettersi i piani più completi previsti dall’Affordable Care Act (ACA). Personalmente, ritengo che questo esperimento di deregolamentazione evidenzi come una maggiore libertà contrattuale possa generare soluzioni più flessibili e accessibili, a vantaggio dell’individuo.

Frizioni sul clima al vertice COP30

Il vertice delle Nazioni Unite sul clima (COP30), in corso in Brasile, si apre in un clima di tensione che va oltre i negoziati tecnici. Fonti diplomatiche indicano l’Arabia Saudita tra i principali attori che stanno ostacolando un accordo ambizioso sulla finanza climatica e sui piani di decarbonizzazione. La strategia saudita, mirata a proteggere la propria economia basata sugli idrocarburi, mette in luce la divergenza tra gli interessi nazionali e gli obiettivi globali. Questo stallo, a mio parere, serve a ricordare pragmaticamente come le grandi agende multilaterali si scontrino con le legittime priorità economiche dei singoli stati sovrani.

Scopri quali di queste dinamiche prevarranno nella prossima edizione di The Gist.

The European Perspective

Equilibri Precari: la Bussola Europea tra Pechino e Washington

Doppio Binario Tedesco in Cina

Mentre il ministro delle finanze tedesco Lars Klingbeil atterra a Pechino per promuovere una competizione economica leale, si sollevano in patria perplessità sulla coerenza strategica della Germania. I Verdi, partner di governo, definiscono la missione “priva di un piano”, specialmente dopo l’annullamento di una visita analoga da parte di un altro esponente della coalizione per mancanza di interlocutori di peso. Personalmente, vedo questa situazione come un riflesso della difficoltà europea nel presentare un fronte unito verso la Cina: un dilemma costante tra la difesa dei nostri principi liberali e la necessità di impegnarsi con un partner economico ineludibile. È cruciale definire una strategia chiara che non sacrifichi i diritti umani e la concorrenza leale sull’altare del pragmatismo economico.

L’Ora del Risparmio Permanente?

In Italia, un’iniziativa popolare spinge per un cambiamento che sento molto vicino ai miei principi di efficienza e buon senso. Con oltre 352.000 firme raccolte, è stato avviato alla Camera dei Deputati un percorso per rendere permanente l’ora legale. L’obiettivo è semplice: smettere di spostare le lancette e godere di un’ora di luce in più la sera, tutto l’anno. I dati supportano la proposta, stimando un risparmio energetico annuo di circa 720 milioni di chilowattora, che si traduce in un beneficio di 180 milioni di euro per le bollette di famiglie e imprese. Già nel 2018, una consultazione della Commissione Europea aveva rivelato che l’84% dei 4,6 milioni di partecipanti era favorevole all’abolizione del cambio d’ora. Spero che la politica sappia ascoltare questa spinta pragmatica che unisce benefici economici e ambientali.

L’Ombra Cinese su Taiwan e l’Europa

La tensione nello Stretto di Taiwan invia onde d’urto che raggiungono direttamente le nostre coste. Pechino ribadisce di non voler rinunciare all’uso della forza per la “riunificazione”, lanciando un chiaro avvertimento a chiunque, Giappone in primis, interferisca. Per l’Europa, la posta in gioco è altissima. Un conflitto bloccherebbe la produzione a Taiwan, da cui dipende oltre il 60% dei semiconduttori globali e il 90% di quelli più avanzati. L’impatto sulle nostre industrie tecnologiche, automobilistiche e su innumerevoli altri settori sarebbe catastrofico. Ritengo che questo scenario rafforzi l’urgenza di perseguire una vera autonomia strategica europea, diversificando le catene di approvvigionamento e potenziando la produzione interna di componenti essenziali per non ritrovarci ostaggio di conflitti lontani.

Le prossime settimane saranno decisive per capire la direzione di queste dinamiche globali, continuate a seguirci su The Gist.


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