2025-12-16 • Scontri tra Bangkok e Phnom Penh provocano 33-38 morti e oltre 500k

Morning Intelligence – The Gist

Il nuovo fronte tra Bangkok e Phnom Penh ricorda quanto un confine poroso possa incendiare un’intera macro-regione: in una sola settimana, gli scontri hanno causato almeno 33-38 morti e oltre mezzo milione di sfollati, mentre la Thailandia ha interrotto i flussi di carburante via Laos per impedire rifornimenti “dirottati” all’esercito cambogiano (reuters.com).

La scelta di Bangkok di usare l’arma energetica è sintomatica: Cambogia importa fino al 80 % dei derivati petroliferi, di cui il 30 % transitava finora da depositi tailandesi. Il taglio rischia di far salire i prezzi regionali del diesel del 7-10 % (stime Platts) e di colpire le catene produttive che legano l’indocina ai poli manifatturieri cinesi e vietnamiti.

Il conflitto smaschera anche le debolezze dell’ASEAN: sette falliti cessate-il-fuoco in 18 mesi e un vertice straordinario rinviato al 22 dicembre mostrano l’incapacità di trasformare il principio di “non-ingerenza” in diplomazia coercitiva. Intanto, la retorica nazionalista di entrambi i governi rilegge le antiche dispute sui templi come lotta di sopravvivenza, mobilitando droni d’attacco e F-16 in un pericoloso gioco di escalation che potrebbe attirare sponsor esterni interessati alle rare-earth cambogiane.

Se la comunità internazionale non affronta subito la crisi umanitaria – già oltre 120 mila bambini senza accesso a cure di base secondo UNICEF – e non media un corridoio energetico controllato, rischiamo di vedere in miniatura ciò che avviene in Ucraina e Gaza: la militarizzazione delle interdipendenze economiche. Come avverte l’economista Mariana Mazzucato, “le infrastrutture critiche sono beni pubblici, e la sicurezza collettiva inizia dal loro governo condiviso”.

— The Gist AI Editor (amp.dw.com)

Morning Intelligence • Tuesday, December 16, 2025

the Gist View

Il nuovo fronte tra Bangkok e Phnom Penh ricorda quanto un confine poroso possa incendiare un’intera macro-regione: in una sola settimana, gli scontri hanno causato almeno 33-38 morti e oltre mezzo milione di sfollati, mentre la Thailandia ha interrotto i flussi di carburante via Laos per impedire rifornimenti “dirottati” all’esercito cambogiano (reuters.com).

La scelta di Bangkok di usare l’arma energetica è sintomatica: Cambogia importa fino al 80 % dei derivati petroliferi, di cui il 30 % transitava finora da depositi tailandesi. Il taglio rischia di far salire i prezzi regionali del diesel del 7-10 % (stime Platts) e di colpire le catene produttive che legano l’indocina ai poli manifatturieri cinesi e vietnamiti.

Il conflitto smaschera anche le debolezze dell’ASEAN: sette falliti cessate-il-fuoco in 18 mesi e un vertice straordinario rinviato al 22 dicembre mostrano l’incapacità di trasformare il principio di “non-ingerenza” in diplomazia coercitiva. Intanto, la retorica nazionalista di entrambi i governi rilegge le antiche dispute sui templi come lotta di sopravvivenza, mobilitando droni d’attacco e F-16 in un pericoloso gioco di escalation che potrebbe attirare sponsor esterni interessati alle rare-earth cambogiane.

Se la comunità internazionale non affronta subito la crisi umanitaria – già oltre 120 mila bambini senza accesso a cure di base secondo UNICEF – e non media un corridoio energetico controllato, rischiamo di vedere in miniatura ciò che avviene in Ucraina e Gaza: la militarizzazione delle interdipendenze economiche. Come avverte l’economista Mariana Mazzucato, “le infrastrutture critiche sono beni pubblici, e la sicurezza collettiva inizia dal loro governo condiviso”.

— The Gist AI Editor (amp.dw.com)

The Global Overview

Terrorismo transnazionale

L’attacco a Bondi Beach in Australia, dove almeno 15 persone sono state uccise durante una celebrazione ebraica, è un crudo promemoria della minaccia persistente posta da attori non statali. Secondo la polizia australiana, l’attentato è stato “ispirato” dall’ISIS, rivelando come ideologie letali continuino a propagarsi ben oltre i confini di un califfato ormai sconfitto. Il fatto che gli attentatori avessero viaggiato nelle Filippine meridionali un mese prima dell’assalto evidenzia la natura globale e la fluidità delle reti estremiste. A mio avviso, questo episodio dimostra che la vigilanza contro il terrorismo non può conoscere pause e che le libertà individuali richiedono una difesa costante contro chi cerca di imporre la propria volontà con la violenza.

La fame energetica dell’IA

La crescente domanda di energia da parte dei data center per l’intelligenza artificiale sta emergendo come una sfida geopolitica cruciale. Queste infrastrutture, essenziali per l’innovazione, oggi assorbono circa l’1,5% dell’elettricità mondiale, ma si stima che questo consumo possa quasi raddoppiare entro il 2030. La competizione per la supremazia tecnologica, in particolare tra Stati Uniti e Cina, si combatte anche sul piano dei kilowattora. Ritengo che la soluzione non risieda in una pianificazione centralizzata, ma nello sbloccare l’innovazione privata per espandere la capacità della rete e sviluppare nuove fonti energetiche, garantendo così che il progresso tecnologico non sia frenato da infrastrutture obsolete.

Le implicazioni di questi sviluppi continueranno a evolversi; ci ritroveremo qui per analizzarle nella prossima edizione di The Gist.

The European Perspective

Ucraina, la partita a scacchi di Berlino

A Berlino si gioca una partita diplomatica cruciale per l’Ucraina, ma le mosse degli attori principali rivelano strategie divergenti. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ribadito con forza una posizione netta: l’Ucraina non riconoscerà il Donbass come territorio russo, né legalmente né di fatto. Mentre gli Stati Uniti, rappresentati dall’inviato Steve Witkoff e da Jared Kushner, propongono una “zona economica libera” come compromesso per la regione contesa, Kiev rimane scettica, insistendo sulla necessità di discutere in modo approfondito la questione territoriale. A complicare il quadro, il presidente americano Trump interviene a distanza, portando avanti una sua strategia parallela e telefonando direttamente ai suoi negoziatori durante una cena con i leader europei, a dimostrazione di come Washington, pur cercando una linea comune con l’Europa, mantenga un approccio personale e imprevedibile. A mio avviso, questa dinamica evidenzia la sfida per l’Europa nel mantenere una posizione unita e sovrana di fronte a un’amministrazione americana che preferisce canali negoziali diretti.

Germania, gli echi della pandemia

In Germania, la gestione della pandemia continua a proiettare le sue ombre. L’ex Ministro della Salute, Jens Spahn, si è presentato davanti a una commissione d’inchiesta per affrontare lo “scandalo mascherine”, un caso che ipotizza un danno miliardario per le casse dello stato. Durante la sua testimonianza, Spahn ha descritto l’atmosfera da “Wild West” che caratterizzava le prime, caotiche fasi dell’approvvigionamento di dispositivi di protezione, difendendo le sue decisioni. Questo processo di revisione critica, che sta avvenendo anche in altri paesi europei, credo sia fondamentale. È un esercizio di trasparenza necessario per valutare le decisioni prese in momenti di crisi eccezionale, separando gli errori inevitabili dalle responsabilità politiche.

Svolta medica contro la gonorrea

Una notizia di grande rilevanza per la salute pubblica arriva dagli Stati Uniti, con un impatto globale. La Food and Drug Administration (FDA) ha approvato i primi nuovi trattamenti contro la gonorrea da decenni, segnando un potenziale “punto di svolta” nella lotta contro i ceppi del batterio resistenti ai farmaci. A livello mondiale si contano oltre 82 milioni di infezioni all’anno, e in Europa i tassi di infezione sono triplicati nel 2023 rispetto al 2014, rendendo evidente l’urgenza di nuove soluzioni terapeutiche. L’approvazione di questi nuovi antibiotici è un esempio lampante di come l’innovazione scientifica e la cooperazione internazionale siano le nostre migliori armi contro minacce sanitarie globali sempre più complesse.

Guerre asimmetriche: dai droni ai social

Il panorama geopolitico contemporaneo è sempre più caratterizzato da conflitti asimmetrici, combattuti su fronti non convenzionali. Mentre i cieli di Mosca vengono nuovamente sorvolati e abbattuti droni, un’altra battaglia, più silenziosa ma altrettanto insidiosa, si combatte online. I social media sono diventati un’arena politica fondamentale, dove i partiti agli estremi dello spettro politico si dimostrano i più abili nel catturare l’attenzione, polarizzando il dibattito pubblico. Questa convergenza tra guerra cinetica e guerra dell’informazione, a mio parere, richiede un ripensamento profondo delle nostre strategie di difesa e della nostra educazione civica, per essere cittadini consapevoli in un mondo sempre più interconnesso e instabile.

Continuate a seguirci per non perdere i prossimi sviluppi su The Gist.


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