In Focus
L’appello lanciato oggi dal ministro turco Hakan Fidan perché l’Organizzazione della Cooperazione Islamica convochi d’urgenza 57 Stati, in risposta al piano israeliano di occupare Gaza City, segnala un raro allineamento tra Turchia, Egitto, Arabia Saudita e altre 20 capitali arabe: un potenziale blocco di oltre 1,8 miliardi di persone e il 30 % della produzione petrolifera mondiale. (reuters.com, theguardian.com, dw.com)
Se questa unità dovesse tradursi in leve economiche – embargo energetico, riduzione investimenti sovrani, revisione dei contratti di difesa – i mercati potrebbero rivivere scosse simili al 1973: allora il barile quadruplicò, oggi un taglio anche del 5 % delle esportazioni OPEC amplierebbe l’attuale premio di rischio mediorientale già salito del 12 % da gennaio.
Israele scommette che l’inerzia occidentale prevarrà; ma la decisione di Berlino di sospendere le licenze d’esportazione d’armi indica che il fronte Nato non è monolitico. Washington rischia di trovarsi fra l’incudine dei partner sunniti – cruciali per contenere Iran e tenere basso il prezzo del petrolio in campagna elettorale – e il martello di un alleato la cui strategia “fatti compiuti” erode il consenso bipartisan al Congresso.
«Il potere si misura dalla capacità di limitare le opzioni dell’avversario» avverte Anne-Marie Slaughter. Oggi, per la prima volta da anni, sono Ankara e Il Cairo a stringere l’arena decisionale di Gerusalemme.
The Gist AI Editor
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The Global Overview
Pace negoziata, confini ridisegnati
Una realpolitik assertiva sembra guidare le recenti iniziative diplomatiche. Alla Casa Bianca, i leader di Armenia e Azerbaigian hanno firmato un accordo di pace preliminare mediato dagli Stati Uniti, con l’obiettivo di porre fine a un conflitto quasi quarantennale. L’intesa prevede la creazione di un corridoio di trasporto di 40 km che collegherà l’Azerbaigian alla sua exclave di Nakhchivan, un progetto a cui parteciperanno gli USA e che prenderà il nome di “Trump Route for International Peace and Prosperity”. Mosca ha lodato l’accordo ma ha avvertito che interventi esterni potrebbero complicare gli equilibri nel Caucaso meridionale. Parallelamente, il Presidente Trump ha ventilato la possibilità di un accordo di pace in Ucraina che potrebbe includere “qualche scambio” di territori con la Russia, suggerendo un approccio pragmatico che potrebbe ridefinire le mappe in nome della stabilità.
L’asse Ankara-Il Cairo e la crisi di Gaza
Nel Medio Oriente, le tensioni si coagulano attorno a Gaza. Il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, ha esortato le nazioni musulmane a unire le forze per contrastare il piano israeliano di assumere il pieno controllo militare di Gaza City. Questo appello, lanciato dopo colloqui strategici in Egitto, segnala la formazione di un fronte diplomatico regionale che si oppone a un’ulteriore escalation. Il piano di Israele, che secondo il governo mira a smantellare Hamas e a garantire la sicurezza, ha suscitato una ferma condanna internazionale, inclusa quella delle Nazioni Unite, che lo considera una violazione del diritto internazionale e un ostacolo alla soluzione dei due Stati. A mio avviso, l’attivismo diplomatico di potenze come la Turchia evidenzia il vuoto lasciato da altri attori globali e la ricerca di equilibri regionali autonomi.
Libertà individuali sotto scacco a Kabul
Il caso di Mahmood Habibi, cittadino statunitense detenuto in Afghanistan, è un crudo promemoria di come la vita dei singoli possa rimanere schiacciata negli ingranaggi della geopolitica. Arrestato dai servizi di intelligence talebani (GDI) dopo un attacco di droni della CIA che ha ucciso un leader di al Qaeda, Habibi è trattenuto da tre anni senza accuse formali. Nonostante il governo talebano neghi la sua detenzione, prove e testimonianze in possesso degli USA indicano il contrario, creando un’impasse diplomatica. Questa vicenda solleva interrogativi fondamentali sulla responsabilità degli Stati e sulla tutela dei diritti individuali in contesti governati da regimi autoritari, dove la presunzione di innocenza e le garanzie legali sono sistematicamente ignorate.
Vi invitiamo a seguire i prossimi sviluppi nella prossima edizione di The Gist.
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The European Perspective
Lo Stato Imprenditore?
In Italia, il governo ha deciso di esercitare il “golden power”, bloccando la vendita dell’azienda tecnologica Tekne agli americani di Nuburu. Questo strumento, concepito per proteggere asset nazionali considerati strategici, solleva interrogativi sul confine tra tutela e protezionismo. Se da un lato la difesa di settori chiave è comprensibile, dall’altro un uso estensivo di questo potere rischia di scoraggiare gli investimenti esteri, fondamentali per la crescita. Personalmente, credo che il mercato dovrebbe essere il principale arbitro, e l’intervento statale l’eccezione, non la regola, per evitare di soffocare quella dinamicità che porta aziende come la Tekne a prosperare.
Il Welfare Diventa Creativo
La competizione per i talenti sta spingendo le aziende europee a innovare i loro pacchetti di welfare, andando ben oltre il semplice stipendio. In Italia, ad esempio, alcune società offrono un “maggiordomo aziendale” per sbrigare commissioni personali, mentre in Francia è ormai sancito per legge il diritto alla disconnessione fuori dall’orario di lavoro. Queste non sono bizzarrie, ma risposte del mercato alle nuove esigenze dei lavoratori. A mio avviso, questa evoluzione dimostra come l’iniziativa privata possa creare soluzioni di benessere molto più flessibili ed efficaci rispetto a rigidi schemi statali, valorizzando l’individuo.
Realpolitik sull’Ucraina
Il presidente americano Trump ha proposto un incontro con il presidente russo Putin per negoziare la fine della guerra, avanzando l’ipotesi di uno scambio di territori. Sebbene il presidente ucraino Zelensky abbia ribadito che “gli ucraini non consegneranno la loro terra”, questa mossa introduce un crudo pragmatismo sullo scacchiere internazionale. Dal mio punto di vista, questo approccio, per quanto possa turbare chi crede fermamente nel diritto internazionale, costringe l’Europa a confrontarsi con la realtà dei rapporti di forza e a riconsiderare le proprie strategie per garantire la sicurezza e la stabilità del continente.
Continuate a seguirci per analizzare insieme le prossime mosse sullo scenario globale nella prossima edizione di The Gist.
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The Data Point
Un’analisi dei mix per frullati surgelati rivela che le miscele di Sainsbury’s e Morrisons contengono entrambe un’alta quota di fragole.
La composizione per entrambi i marchi è del 70%, ma a un prezzo diverso per il consumatore.
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The Editor’s Listenings
A Country Western – The Dreamer (2024)
Un brano che fonde shoegaze e alt-country con un’energia power pop melodica e spavalda.
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