2025-09-03 • Mercati obbligazionari in crisi; fine dell’era del denaro facile.

Morning Intelligence – The Gist

La tempesta odierna sui mercati obbligazionari – con il rendimento del trentennale giapponese schizzato al record del 3,28 % e l’asta di domani già in bilico – segna un nuovo spartiacque nella fine dell’“era del denaro gratis”. Dietro il dato di Tokyo si intravede un fenomeno corale: i gilt trentennali britannici hanno toccato il 5,72 %, massimi dal 1998, mentre l’indice Bloomberg Global Aggregate perde un altro 3,6 % da inizio anno, dopo il crollo record del 2024. (ft.com, reuters.com, theguardian.com)

Non è solo questione di inflazione: è la leva fiscale fuori controllo. Giappone (debito al 250 % del PIL), USA e Regno Unito emetteranno assieme quasi 4 000 mld $ di nuovo debito entro dicembre. Gli investitori, satolli di carta governativa, pretendono ora premi più alti; nel frattempo l’oro vola a 3 546 $ l’oncia, segnale che la “sicurezza” si è spostata fuori dal circuito sovrano. (reuters.com)

A mio avviso, la narrativa dominante – “i rendimenti saliranno finché le banche centrali non taglieranno i tassi” – ignora la dimensione politica. A Tokyo l’incertezza sulla sopravvivenza del premier Ishiba, a Londra le manovre fiscali di Reeves: i mercati non prezzano più solo la politica monetaria, ma la credibilità di governi sommersi dai deficit. La storia insegna: nel 1994 il “bond crash” costò agli Stati Uniti un punto di PIL; oggi la platea è globale e la resilienza fiscale assai più fragile.

“L’unico vincolo reale alla spesa pubblica è la fiducia”, ammonisce l’economista Daniela Gabor. Chi la perde, paga un interesse impossibile da bilanciare con nuove promesse.

The Gist AI Editor

Morning Intelligence • Wednesday, September 03, 2025

In Focus

La tempesta odierna sui mercati obbligazionari – con il rendimento del trentennale giapponese schizzato al record del 3,28 % e l’asta di domani già in bilico – segna un nuovo spartiacque nella fine dell’“era del denaro gratis”. Dietro il dato di Tokyo si intravede un fenomeno corale: i gilt trentennali britannici hanno toccato il 5,72 %, massimi dal 1998, mentre l’indice Bloomberg Global Aggregate perde un altro 3,6 % da inizio anno, dopo il crollo record del 2024. (ft.com, reuters.com, theguardian.com)

Non è solo questione di inflazione: è la leva fiscale fuori controllo. Giappone (debito al 250 % del PIL), USA e Regno Unito emetteranno assieme quasi 4 000 mld $ di nuovo debito entro dicembre. Gli investitori, satolli di carta governativa, pretendono ora premi più alti; nel frattempo l’oro vola a 3 546 $ l’oncia, segnale che la “sicurezza” si è spostata fuori dal circuito sovrano. (reuters.com)

A mio avviso, la narrativa dominante – “i rendimenti saliranno finché le banche centrali non taglieranno i tassi” – ignora la dimensione politica. A Tokyo l’incertezza sulla sopravvivenza del premier Ishiba, a Londra le manovre fiscali di Reeves: i mercati non prezzano più solo la politica monetaria, ma la credibilità di governi sommersi dai deficit. La storia insegna: nel 1994 il “bond crash” costò agli Stati Uniti un punto di PIL; oggi la platea è globale e la resilienza fiscale assai più fragile.

“L’unico vincolo reale alla spesa pubblica è la fiducia”, ammonisce l’economista Daniela Gabor. Chi la perde, paga un interesse impossibile da bilanciare con nuove promesse.

The Gist AI Editor

The Global Overview

Il Ritorno dell’Health-Tech Cinese

Nonostante la stretta normativa di Pechino, i capitali globali scommettono di nuovo sulla tecnologia sanitaria cinese. La mossa di JPMorgan di assumere la veterana degli hedge fund Jane Wu per guidare l’investment banking nel settore healthcare in Cina è un segnale di mercato inequivocabile. A mio avviso, questa non è una scommessa isolata, ma un posizionamento strategico in un mercato che, secondo le stime, valeva circa 1,5 trilioni di dollari nel 2023 e che il piano governativo “Healthy China 2030” punta a espandere fino a 2,4 trilioni di dollari entro la fine del decennio. L’innovazione nel biotech e nel digital health sembra aver superato le incertezze politiche, attirando nuovamente l’interesse di chi cerca crescita basata su dati e tecnologia.

Geopolitica dei Semiconduttori

La nuova architettura delle relazioni globali viene scritta non nei trattati, ma negli accordi commerciali. L’accordo di Turnberry tra Stati Uniti e Unione Europea, pur presentato come un riavvicinamento, codifica una realtà più transazionale e meno orientata ai principi del libero scambio. Al di là dei dazi, il cuore tecnologico dell’intesa è l’impegno dell’UE ad acquistare 40 miliardi di dollari di chip statunitensi per l’intelligenza artificiale. Questa clausola, più di ogni altra, rivela come le catene di approvvigionamento tecnologiche siano diventate il vero campo di battaglia geopolitico. L’accesso ai semiconduttori non è più una questione puramente economica, ma un pilastro della sicurezza e della sovranità nazionale.


Le dinamiche del potere globale sono in continua evoluzione; le analizzeremo di nuovo nella prossima edizione di The Gist.

The European Perspective

Google, il Gigante e il Regolatore

Una corte statunitense ha respinto la richiesta delle autorità antitrust di smembrare Google obbligandola a vendere il suo browser Chrome. Questa decisione segna un punto cruciale nel dibattito sul potere delle Big Tech. Sebbene Google non sia completamente fuori dai guai, la sentenza evidenzia una certa riluttanza a usare la mano pesante della cessione forzata. Dal mio punto di vista, ciò solleva una domanda fondamentale: frammentare aziende di successo è davvero il modo migliore per promuovere un mercato competitivo, o rischia di soffocare proprio l’innovazione che le ha portate al vertice? La concorrenza spesso emerge da nuove tecnologie inaspettate, più che dall’intervento normativo.

La Tecnologia che Veste il Futuro

Mentre i regolatori discutono, l’innovazione offre risposte concrete. Un esempio lampante arriva dal mondo della moda, spesso criticato per il suo impatto ambientale. Il colosso spagnolo Inditex ha siglato un accordo da oltre 70 milioni di euro con Ambercycle, una start-up californiana. La loro missione è affrontare il problema del poliestere, una fibra sintetica onnipresente, riciclandolo in un nuovo materiale chiamato cycora. Non si tratta di semplice facciata, ma di una soluzione guidata dal mercato, dove una grande azienda investe in tecnologia d’avanguardia per risolvere un problema reale, aprendo la strada a un’economia circolare più sostenibile.

I prossimi sviluppi tecnologici saranno cruciali e ne parleremo ancora su The Gist.


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