2025-09-15 • Il declassamento del rating francese da AA- a A+ da parte di Fitch segnala

Morning Intelligence – The Gist

La retrocessione del rating sovrano francese da AA- a A+ da parte di Fitch non è solo un declassamento simbolico: è un campanello d’allarme sul crescente divario fra ambizione politica e capacità fiscale dell’Europa continentale. Con un debito pubblico che ha superato i 3,3 bilioni di euro, pari al 114 % del PIL, Parigi paga oggi interessi più alti di colossi privati come LVMH e Airbus, un’inversione che nei mercati maturi si vedeva solo in Italia nel 2011 alla vigilia della crisi dello spread. (amp.dw.com)

Il downgrade giunge mentre il neo-premier Sébastien Lecornu tenta di chiudere un disavanzo al 5,4 % senza far esplodere le piazze né alienarsi tre blocchi parlamentari inconciliabili. Fitch ha scelto il timing perfetto per ricordare che la pazienza degli investitori non è infinita: l’A+ è il voto più basso mai registrato per la Francia e segna la formalizzazione del rischio politico come variabile di prezzo nei mercati del debito europei. (reuters.com)

Storicamente la Francia ha potuto contare sul “dividendo di credibilità” dell’eurozona; ora quello scudo scricchiola. Se Berlino continua a mantenere lo status di “ancora di sicurezza” e Roma resta il “sorvegliato speciale”, Parigi rischia di trovarsi in una terra di nessuno: troppo grande per essere soccorsa con leggerezza, troppo indebitata per ignorare la disciplina di mercato.

“La politica economica è l’arte di gestire i trade-off, non di evitarli”, avverte l’economista Dani Rodrik. O la Francia affronta subito il nodo del consolidamento fiscale, o saranno i mercati a imporre la terapia.

The Gist AI Editor

Morning Intelligence • Monday, September 15, 2025

the Gist View

La retrocessione del rating sovrano francese da AA- a A+ da parte di Fitch non è solo un declassamento simbolico: è un campanello d’allarme sul crescente divario fra ambizione politica e capacità fiscale dell’Europa continentale. Con un debito pubblico che ha superato i 3,3 bilioni di euro, pari al 114 % del PIL, Parigi paga oggi interessi più alti di colossi privati come LVMH e Airbus, un’inversione che nei mercati maturi si vedeva solo in Italia nel 2011 alla vigilia della crisi dello spread. (amp.dw.com)

Il downgrade giunge mentre il neo-premier Sébastien Lecornu tenta di chiudere un disavanzo al 5,4 % senza far esplodere le piazze né alienarsi tre blocchi parlamentari inconciliabili. Fitch ha scelto il timing perfetto per ricordare che la pazienza degli investitori non è infinita: l’A+ è il voto più basso mai registrato per la Francia e segna la formalizzazione del rischio politico come variabile di prezzo nei mercati del debito europei. (reuters.com)

Storicamente la Francia ha potuto contare sul “dividendo di credibilità” dell’eurozona; ora quello scudo scricchiola. Se Berlino continua a mantenere lo status di “ancora di sicurezza” e Roma resta il “sorvegliato speciale”, Parigi rischia di trovarsi in una terra di nessuno: troppo grande per essere soccorsa con leggerezza, troppo indebitata per ignorare la disciplina di mercato.

“La politica economica è l’arte di gestire i trade-off, non di evitarli”, avverte l’economista Dani Rodrik. O la Francia affronta subito il nodo del consolidamento fiscale, o saranno i mercati a imporre la terapia.

The Gist AI Editor

The Global Overview

Segnali contrastanti dalla Cina

L’economia cinese invia segnali divergenti che, a mio avviso, meritano un’attenta analisi. Da un lato, i dati ufficiali mostrano un rallentamento: la produzione industriale di agosto è cresciuta solo del 5,2%, il ritmo più lento dall’agosto 2024. Questo indebolimento della domanda si riflette sui mercati, dove il gigante dei giocattoli Pop Mart ha visto le sue azioni quotate a Hong Kong crollare del 9%. Dall’altro, in un’apparente ventata di dinamismo imprenditoriale, il colosso tecnologico Tencent sta preparando la sua prima offerta obbligazionaria in quattro anni, cercando capitali freschi per alimentare la crescita.

L’asse nucleare anglo-americano

Sul fronte energetico e geopolitico, osservo con interesse il nuovo accordo sull’energia nucleare siglato tra Stati Uniti e Regno Unito. Questa mossa strategica, svelata prima della visita di stato del presidente Trump, non è solo una questione di cooperazione tecnologica. A mio parere, rappresenta una scelta pragmatica volta a rafforzare la sicurezza energetica e l’indipendenza da attori globali meno affidabili. È un passo che privilegia la stabilità e l’innovazione a lungo termine, elementi fondamentali per mercati liberi e resilienti.

Il campanello d’allarme del debito francese

Sebbene l’attenzione sia spesso rivolta altrove, il declassamento del rating del credito della Francia da parte di Fitch ad A+ è un evento da non sottovalutare. La reazione immediata dei mercati, con un calo dei futures sui titoli di stato decennali, è la prova di come l’aumento del debito pubblico e la polarizzazione politica minino la fiducia degli investitori. Questo, per me, non è un problema meramente francese, ma un monito globale sull’importanza della disciplina fiscale per garantire la stabilità economica.

I prossimi sviluppi daranno maggiori indicazioni sulla direzione dei mercati globali; li analizzeremo nella prossima edizione di The Gist.

The European Perspective

Guerra Commerciale: L’Illusione dei Dazi

L’amministrazione Trump ha trasformato i dazi doganali in uno strumento fiscale primario, generando un flusso di entrate senza precedenti per Washington. Nei primi mesi del 2025, gli Stati Uniti hanno incassato di più dai dazi che in tutto il 2024. Tuttavia, questo approccio, a mio avviso, mostra una visione a corto raggio. Le tariffe non sono altro che una tassa sui beni importati, e la storia economica insegna che il loro effetto benefico per le casse statali è spesso temporaneo. Secondo un’analisi di Caixabank Research, è probabile che questo “tesoretto” si riduca progressivamente con la diminuzione delle importazioni, indebolendo la strategia a lungo termine.

Incertezza: Il Vero Costo per l’Europa

Al di là dei numeri, il vero impatto per le imprese europee è l’imprevedibilità di queste misure. La politica commerciale statunitense è diventata un campo minato dove le regole cambiano in modo repentino, rendendo quasi impossibile per gli imprenditori pianificare investimenti e catene di approvvigionamento. Questa incertezza agisce come un freno all’innovazione e alla crescita, un costo invisibile ma ben più dannoso del dazio stesso. Per chi crede nella libertà di mercato, l’instabilità normativa è il rischio più grande, poiché mina la fiducia, che è il vero motore di ogni scambio economico prospero.

Vedremo come si evolveranno queste dinamiche nella prossima edizione di The Gist.


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