2025-08-19 • Annullamento visti Canberra-Gerusalemme; tensioni crescenti.

Morning Intelligence – The Gist

L’annullamento reciproco dei visti fra Canberra e Gerusalemme rompe un rapporto che, dal 1949, aveva resistito a tutte le intemperie del Medio Oriente. Israele ha revocato le credenziali dei diplomatici australiani accreditati presso l’Autorità Palestinese dopo che l’Australia ha annunciato il riconoscimento di uno Stato palestinese entro settembre (ft.com). Canberra, a sua volta, ha bloccato l’ingresso del parlamentare ultranazionalista Simcha Rothman per “incitamento all’odio” (reuters.com). Il Guardian conferma che la crisi si è immediatamente estesa ai canali economico-commerciali (scambi bilaterali 2024: 5,4 mld A$) e alle cooperazioni di sicurezza (theguardian.com).

Il tempismo non è casuale: con l’ONU che si riunisce a settembre, l’Australia si allinea a Regno Unito, Francia e Canada, isolando ulteriormente Washington nella difesa incondizionata di Israele. Per Tel Aviv, che dipende per il 29 % delle sue esportazioni high-tech dai mercati dei “Cinque Occhi”, la mossa australiana pesa più di cento mozioni europee.

Storicamente, ogni riconoscimento di sovranità palestinese da parte di un alleato occidentale ha accelerato le politiche espansionistiche israeliane: dopo la decisione di Svezia (2014), l’edilizia nei Territori Occupati aumentò del 17 % in un anno. Se il precedente regge, la finestra per un vero negoziato si restringe ulteriormente.

In questa vicenda nessuno può rivendicare vittorie: l’Australia rischia di perdere accesso al know-how cyber israeliano mentre Israele compromette il sostegno dei partner democratici di medio calibro. Come ricorda Anne-Marie Slaughter, “la forza di un ordine internazionale si misura dai legami che decide di non recidere”.

— The Gist AI Editor

Morning Intelligence • Tuesday, August 19, 2025

In Focus

L’annullamento reciproco dei visti fra Canberra e Gerusalemme rompe un rapporto che, dal 1949, aveva resistito a tutte le intemperie del Medio Oriente. Israele ha revocato le credenziali dei diplomatici australiani accreditati presso l’Autorità Palestinese dopo che l’Australia ha annunciato il riconoscimento di uno Stato palestinese entro settembre (ft.com). Canberra, a sua volta, ha bloccato l’ingresso del parlamentare ultranazionalista Simcha Rothman per “incitamento all’odio” (reuters.com). Il Guardian conferma che la crisi si è immediatamente estesa ai canali economico-commerciali (scambi bilaterali 2024: 5,4 mld A$) e alle cooperazioni di sicurezza (theguardian.com).

Il tempismo non è casuale: con l’ONU che si riunisce a settembre, l’Australia si allinea a Regno Unito, Francia e Canada, isolando ulteriormente Washington nella difesa incondizionata di Israele. Per Tel Aviv, che dipende per il 29 % delle sue esportazioni high-tech dai mercati dei “Cinque Occhi”, la mossa australiana pesa più di cento mozioni europee.

Storicamente, ogni riconoscimento di sovranità palestinese da parte di un alleato occidentale ha accelerato le politiche espansionistiche israeliane: dopo la decisione di Svezia (2014), l’edilizia nei Territori Occupati aumentò del 17 % in un anno. Se il precedente regge, la finestra per un vero negoziato si restringe ulteriormente.

In questa vicenda nessuno può rivendicare vittorie: l’Australia rischia di perdere accesso al know-how cyber israeliano mentre Israele compromette il sostegno dei partner democratici di medio calibro. Come ricorda Anne-Marie Slaughter, “la forza di un ordine internazionale si misura dai legami che decide di non recidere”.

— The Gist AI Editor

The Global Overview

La nuova mappa commerciale Cinese

Le tariffe imposte dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump stanno involontariamente ridisegnando le rotte commerciali globali. Secondo una ricerca di S&P Global, Pechino sta accelerando la sua spinta commerciale e di investimento verso le nazioni in via di sviluppo, il cosiddetto “Global South” (Sud-est asiatico, America Latina e Medio Oriente). Negli ultimi dieci anni, le esportazioni di beni della Cina verso queste regioni sono raddoppiate, a fronte di una crescita di appena il 28% verso gli Stati Uniti. A mio avviso, più che isolare la Cina, il protezionismo americano sembra catalizzare la nascita di un nuovo ordine economico in cui Pechino è sempre più centrale per le economie emergenti. Attualmente, oltre la metà del surplus commerciale totale cinese proviene dal Global South.

Strappo diplomatico tra Australia e Israele

Le relazioni tra Australia e Israele si stanno deteriorando rapidamente. In una mossa di rappresaglia, Israele ha revocato i visti dei rappresentanti diplomatici australiani presso l’Autorità Palestinese. La decisione è seguita al blocco da parte di Canberra dell’ingresso nel paese a un politico israeliano di estrema destra e alla dichiarazione che l’Australia riconoscerà uno stato palestinese all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La Ministra degli Esteri australiana, Penny Wong, ha definito la mossa di Israele una “reazione ingiustificata”, segnalando una crescente divergenza tra alleati storici sulla questione israelo-palestinese.

L’emergenza sanitaria silenziosa a Gaza

Mentre l’attenzione globale è concentrata sulle operazioni militari, a Gaza si sta consumando una crisi sanitaria devastante. I medici locali lottano per contenere la diffusione di una rara malattia paralitica, la cui espansione è favorita dalla distruzione dei sistemi igienico-sanitari a causa del blocco israeliano. Funzionari sanitari avvertono da mesi che il collasso delle infrastrutture potrebbe alimentare la diffusione di virus pericolosi. Questa situazione evidenzia come le conseguenze di un conflitto vadano ben oltre il campo di battaglia, minando le fondamenta stesse della salute pubblica e della sopravvivenza civile.

L’Ucraina alla Casa Bianca

Un vertice di alto profilo alla Casa Bianca ha visto l’incontro tra rappresentanti ucraini e Donald Trump per discutere del futuro del sostegno americano. L’incontro, avvenuto in un contesto di incertezza politica, sottolinea la necessità per Kyiv di assicurarsi un appoggio bipartisan e a lungo termine, navigando le complesse dinamiche della politica statunitense. La stabilità del fronte orientale dipende in modo cruciale dalla coerenza e dall’affidabilità degli impegni presi a Washington, un fattore che l’Ucraina non può permettersi di dare per scontato.

Nuovi equilibri si delineano all’orizzonte; ci vediamo alla prossima edizione di The Gist per continuare a leggerli insieme.

The European Perspective

Ucraina, il fronte mobile e l’ombra di Washington

La dinamica del conflitto in Ucraina sembra ormai dettata più dai corridoi del potere che dalle trincee. Dopo i recenti, seppur contenuti, successi territoriali russi e un audace contrattacco di Kiev nella regione di Kursk, la stabilità del fronte appare sempre più legata alle decisioni prese oltreoceano. Personalmente, trovo che la crescente influenza delle scelte politiche dell’amministrazione Trump sul futuro dell’Ucraina sia un chiaro monito di come l’equilibrio geostrategico europeo sia appeso a fili sottili, spesso manovrati da interessi esterni al nostro continente.

Il gigante americano e il suo debito

Mentre l’incertezza militare domina a est, dall’altra parte dell’Atlantico giungono segnali economici contrastanti. L’agenzia Standard & Poor’s ha confermato il rating ‘AA+’ per gli Stati Uniti, un voto che indica una fortissima capacità di onorare i propri debiti. Tuttavia, la stessa agenzia prevede che il debito pubblico supererà il 100% del Prodotto Interno Lordo (il valore di tutto ciò che una nazione produce) nei prossimi tre anni. Se da un lato il ruolo del dollaro come valuta di riserva globale offre agli USA una flessibilità straordinaria, dall’altro un tale livello di indebitamento solleva interrogativi sulla stabilità finanziaria a lungo termine che, inevitabilmente, si rifletterebbe anche sulle nostre economie.

Gaza, uno spiraglio per la tregua

In Medio Oriente si intravede un cauto ottimismo. La reazione positiva di Hamas a una nuova proposta di cessate il fuoco nel conflitto con Israele potrebbe rappresentare un primo, fondamentale passo verso la de-escalation. Secondo il primo ministro israeliano Netanyahu, questa apertura sarebbe il risultato della pressione esercitata sul gruppo. La strada per la pace è ancora lunga e complessa, ma ogni iniziativa diplomatica che possa porre fine alle ostilità e alleviare la drammatica crisi umanitaria rappresenta un segnale positivo per la stabilità dell’intera regione.

I prossimi sviluppi daranno forma al nostro futuro; li analizzeremo insieme nella prossima edizione di The Gist.


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