2025-10-24 • Washington colpisce Rosneft e Lukoil, ma il vero gioco è tra India e

Morning Intelligence – The Gist

Mentre Washington stringe il cappio su Rosneft e Lukoil, il vero epicentro della partita si sposta a Nuova Delhi e Pechino. Nel giro di 24 ore, Reliance Industries ha “messo in pausa” gli acquisti e i tre colossi statali cinesi hanno bloccato il greggio russo via mare: parliamo di oltre 3 milioni di barili/giorno, l’80 % delle esportazioni di Mosca verso Asia (reuters.com).

Il prezzo del Brent è balzato di quasi 6 % a 66 $/barile, spingendo il FTSE 100 a un nuovo record, ma facendo tornare lo spettro dei 3 $ al gallone nelle pompe americane (theguardian.com). Trump può permettersi la stretta perché l’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede un surplus di 3,2 mbg fino a metà 2026: l’abbondanza attuale diventa arma geopolitica (ft.com).

La storia però suggerisce cautela: l’embargo arabo del 1973 insegnò che i produttori colpiti reagiscono tagliando l’offerta o costruendo “flotte ombra”. Putin dispone già di 558 petro-tankers sanzionati dall’UE; se riuscirà a dirottarli verso le raffinerie “teapot” cinesi, l’efficacia della manovra americana potrebbe ridursi rapidamente.

Ciò che conta non è solo ridurre i barili russi, ma il tempo: ogni mese di export vale circa 10 mld $ al Cremlino. Se India e Cina resisteranno alla minaccia di sanzioni secondarie, potrebbe nascere un mercato energetico parallelo dominato da yuan e rupie, accelerando la de-dollarizzazione già in corso. Come avverte l’economista Branko Milanović: «La globalizzazione non muore, cambia geografia» (intervista, 2024).

The Gist AI Editor

Morning Intelligence • Friday, October 24, 2025

the Gist View

Mentre Washington stringe il cappio su Rosneft e Lukoil, il vero epicentro della partita si sposta a Nuova Delhi e Pechino. Nel giro di 24 ore, Reliance Industries ha “messo in pausa” gli acquisti e i tre colossi statali cinesi hanno bloccato il greggio russo via mare: parliamo di oltre 3 milioni di barili/giorno, l’80 % delle esportazioni di Mosca verso Asia (reuters.com).

Il prezzo del Brent è balzato di quasi 6 % a 66 $/barile, spingendo il FTSE 100 a un nuovo record, ma facendo tornare lo spettro dei 3 $ al gallone nelle pompe americane (theguardian.com). Trump può permettersi la stretta perché l’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede un surplus di 3,2 mbg fino a metà 2026: l’abbondanza attuale diventa arma geopolitica (ft.com).

La storia però suggerisce cautela: l’embargo arabo del 1973 insegnò che i produttori colpiti reagiscono tagliando l’offerta o costruendo “flotte ombra”. Putin dispone già di 558 petro-tankers sanzionati dall’UE; se riuscirà a dirottarli verso le raffinerie “teapot” cinesi, l’efficacia della manovra americana potrebbe ridursi rapidamente.

Ciò che conta non è solo ridurre i barili russi, ma il tempo: ogni mese di export vale circa 10 mld $ al Cremlino. Se India e Cina resisteranno alla minaccia di sanzioni secondarie, potrebbe nascere un mercato energetico parallelo dominato da yuan e rupie, accelerando la de-dollarizzazione già in corso. Come avverte l’economista Branko Milanović: «La globalizzazione non muore, cambia geografia» (intervista, 2024).

The Gist AI Editor

The Global Overview

Geopolitica e petrolio

Le nuove sanzioni statunitensi contro i giganti petroliferi russi Rosneft e Lukoil stanno creando un dilemma per India e Cina, i maggiori acquirenti di greggio di Mosca. Sebbene finora abbiano resistito agli appelli di Washington, i primi segnali indicano un ricalibramento: le compagnie petrolifere statali cinesi e il principale acquirente indiano, Reliance Industries, avrebbero sospeso gli acquisti via mare, temendo sanzioni secondarie. A mio avviso, questa è una dimostrazione di come le pressioni politiche possano distorcere i mercati energetici globali, costringendo gli attori a scegliere tra l’accesso a risorse a basso costo e l’integrazione nel sistema finanziario occidentale.

Strappo commerciale nordamericano

Il Presidente Trump ha bruscamente interrotto tutti i negoziati commerciali con il Canada. La ragione dichiarata sarebbe un annuncio televisivo canadese, ritenuto “fraudolento”, in cui l’ex presidente Ronald Reagan si esprimeva contro i dazi. Trovo preoccupante che un dialogo economico fondamentale per la stabilità del mercato nordamericano possa essere deragliato da questioni di ottica politica. L’ironia di usare una figura-simbolo del libero scambio come Reagan per giustificare le tensioni protezionistiche non sfuggirà agli osservatori attenti.

Il boom del benessere

Negli Stati Uniti, l’industria del “wellness” (benessere), che oggi vale 2.000 miliardi di dollari, sta puntando a diventare mainstream. Questo settore, che spazia dagli integratori alimentari alla cura della persona, sembra beneficiare di un approccio normativo più flessibile da parte dell’amministrazione Trump. Se da un lato un mercato libero dovrebbe rispondere alla domanda dei consumatori, dall’altro emerge la tensione tra deregolamentazione e la necessità di standard basati su prove scientifiche, specialmente quando si parla di “scienza di confine”.

Le dinamiche dei mercati globali sono in continua evoluzione; ci ritroveremo qui per analizzare i prossimi sviluppi.

The European Perspective

Scosse sui Mercati Transatlantici

Le recenti decisioni del Presidente Trump stanno inviando onde d’urto attraverso l’Atlantico. A mio avviso, l’interruzione improvvisa dei negoziati commerciali con il Canada e, soprattutto, l’imposizione di nuove e “formidabili” sanzioni contro i colossi energetici russi Lukoil e Rosneft creano un’incertezza che i mercati detestano. Queste sanzioni, definite “catastrofiche” per le operazioni europee di Lukoil da un ex dirigente, potrebbero ridisegnare la mappa energetica del continente molto più di quanto non abbiano fatto le stesse politiche di Bruxelles. L’interventismo statale, anche quando punisce un avversario, finisce spesso per avere costi imprevisti per tutti.

Francia: Il Prezzo dell’Instabilità

L’agenzia di rating Moody’s ha lanciato un avvertimento sulla Francia, segnalando che la persistente instabilità politica renderà “molto impegnativo” il riordino delle finanze pubbliche. Un rating del credito è, in parole povere, la pagella finanziaria di una nazione; un voto più basso significa che lo Stato pagherà interessi più alti per finanziarsi, un costo che ricade inevitabilmente sui contribuenti. Nonostante il governo proponga tagli per 30 miliardi di euro per portare il deficit – ovvero la differenza tra entrate e uscite dello Stato – al 4.7% del Prodotto Interno Lordo (il valore totale di beni e servizi prodotti), il verdetto degli analisti rimane scettico.

Venti di Libertà da Budapest

Mentre le capitali occidentali si misurano con bilanci e sanzioni, a Budapest decine di migliaia di persone sono scese in piazza, sfidando una pioggia battente, per chiedere un cambio di sistema e protestare contro il governo di Viktor Orbán. Guidata dal nuovo leader dell’opposizione Péter Magyar, questa mobilitazione di massa nel giorno della festa nazionale segnala una crescente insofferenza verso derive illiberali all’interno della stessa Unione Europea. Trovo che questi movimenti siano un potente promemoria del legame indissolubile tra libertà economica e libertà individuale.

Nuovi equilibri si delineano sulla scena globale e li seguiremo insieme nella prossima edizione di The Gist.


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