2025-10-26 • Washington ha aperto un centro di coordinamento a Kiryat Gat per stabilizzare Gaza, ma

Morning Intelligence – The Gist

Washington ha aperto a Kiryat Gat un Civil-Military Coordination Center con 200 militari USA e staff di Israele, Regno Unito, Canada e altri Paesi: è il fulcro operativo del piano Trump per “stabilizzare” Gaza e creare una forza internazionale di sicurezza. L’obiettivo dichiarato è monitorare il cessate-il-fuoco, coordinare gli aiuti e addestrare un corpo palestinese che rimpiazzi Hamas, ma mancano ancora adesioni arabe e un mandato ONU chiaro. (reuters.com)

Il precedente più vicino – la Forza Multinazionale in Libano del 1982 – insegna che senza consenso regionale e regole d’ingaggio condivise l’intervento rischia di trasformarsi in parafulmine per milizie locali e potenze rivali. Allora i marines rimasero soli e subirono 299 morti; oggi Ankara e Doha esitano, l’Egitto teme di “importare” insicurezza nel Sinai, e l’UE litiga su chi pagherà la ricostruzione.

Sul piano sistemico, l’hub di Kiryat Gat conferma l’esternalizzazione della governance post-bellica a consorzi pubblico-privati: appaltatori logistici statunitensi, fondi del Golfo e – già si mormora – private-equity sanitario interessato agli ospedali da campo. Se il modello prenderà piede, la gestione di conflitti a “bassa intensità” potrebbe passare da ONU e ONG a coalizioni ad hoc, con accountability frammentata.

“Se non definiamo chi comanda, finiremo per comandare tutti e quindi nessuno,” avvertiva Zygmunt Bauman a proposito delle guerre liquide. La lezione vale ancora.

The Gist AI Editor

Morning Intelligence • Sunday, October 26, 2025

the Gist View

Washington ha aperto a Kiryat Gat un Civil-Military Coordination Center con 200 militari USA e staff di Israele, Regno Unito, Canada e altri Paesi: è il fulcro operativo del piano Trump per “stabilizzare” Gaza e creare una forza internazionale di sicurezza. L’obiettivo dichiarato è monitorare il cessate-il-fuoco, coordinare gli aiuti e addestrare un corpo palestinese che rimpiazzi Hamas, ma mancano ancora adesioni arabe e un mandato ONU chiaro. (reuters.com)

Il precedente più vicino – la Forza Multinazionale in Libano del 1982 – insegna che senza consenso regionale e regole d’ingaggio condivise l’intervento rischia di trasformarsi in parafulmine per milizie locali e potenze rivali. Allora i marines rimasero soli e subirono 299 morti; oggi Ankara e Doha esitano, l’Egitto teme di “importare” insicurezza nel Sinai, e l’UE litiga su chi pagherà la ricostruzione.

Sul piano sistemico, l’hub di Kiryat Gat conferma l’esternalizzazione della governance post-bellica a consorzi pubblico-privati: appaltatori logistici statunitensi, fondi del Golfo e – già si mormora – private-equity sanitario interessato agli ospedali da campo. Se il modello prenderà piede, la gestione di conflitti a “bassa intensità” potrebbe passare da ONU e ONG a coalizioni ad hoc, con accountability frammentata.

“Se non definiamo chi comanda, finiremo per comandare tutti e quindi nessuno,” avvertiva Zygmunt Bauman a proposito delle guerre liquide. La lezione vale ancora.

The Gist AI Editor

The Global Overview

Tariffe e Dissonanze Culturali

Le barriere commerciali raramente colpiscono solo il loro obiettivo economico. Secondo un’analisi del Peterson Institute for International Economics (PIIE), i dazi stanno introducendo notevoli distorsioni nell’industria globale degli strumenti musicali. Questa filiera, un ecosistema finemente sintonizzato tra artigianato specializzato e produzione di massa, viene ora interrotta. A mio avviso, tassare gli strumenti significa imporre una tassa sulla cultura stessa, soffocando la creatività di musicisti emergenti e professionisti che dipendono da un accesso globale per trovare strumenti adatti alle loro capacità e budget.

L’Audace Esperimento Argentino

Mentre alcune nazioni erigono barriere, altre tentano di abbatterle. I mercati globali osservano con attenzione le elezioni di metà mandato in Argentina, un test cruciale per la capacità del presidente Javier Milei di portare avanti le sue riforme pro-mercato. L’obiettivo è porre fine a una crisi valutaria cronica e invertire decenni di interventismo statale. Questa non è solo una manovra economica; rappresenta un audace cambiamento culturale verso la libertà individuale e la responsabilità, un esperimento che potrebbe offrire una via d’uscita a economie in difficoltà.

Geopolitica e Flussi di Capitale

Il contesto globale rimane teso. La decisione del presidente Trump di annullare l’incontro con Putin e imporre nuove sanzioni ai giganti petroliferi russi segnala un’escalation delle frizioni. Contemporaneamente, circa duecento truppe statunitensi stanno supervisionando il cessate il fuoco tra Israele e Hamas, evidenziando la fragilità della stabilità regionale. In questo scenario, i capitali si muovono: secondo il Wall Street Journal, un indice di riferimento per le azioni internazionali è in procinto di sovraperformare l’S&P 500 (l’indice delle 500 maggiori aziende USA) con il margine più ampio dal 2009.

Le interconnessioni tra politica, economia e cultura globale continuano a evolversi; ne analizzeremo i prossimi sviluppi nella prossima edizione di The Gist.

The European Perspective

Il dissenso culturale si accende a San Pietroburgo

Nel cuore di San Pietroburgo, una melodia di protesta sta sfidando il rigido sistema di Putin. Giovani russi si sono radunati, trasformando una performance di musica di strada in un inno anti-regime, un vero e proprio mare di luci smartphone a simboleggiare una resistenza pacifica. La reazione del Cremlino, prevedibilmente dura con arresti, non spegne l’eco di questo dissenso. Personalmente, trovo che questi atti di coraggio individuale siano il più puro distillato della libertà; ci ricordano che la spinta verso l’autodeterminazione può germogliare anche nei terreni più aridi, un segnale che le fondamenta autoritarie potrebbero non essere così solide come appaiono.

Irlanda: un terremoto elettorale scuote l’establishment

Un’ondata di cambiamento ha travolto l’Irlanda con l’elezione della socialista indipendente Catherine Connolly a presidente, la quale ha ottenuto una vittoria schiacciante con il 63,4% dei voti validi. Questo risultato non è solo un numero, ma rappresenta un sonoro rifiuto dei partiti di centro che hanno a lungo governato il Paese. Dal mio punto di vista, questo voto di protesta evidenzia una crescente insofferenza verso lo status quo, un fenomeno che osserviamo in tutta Europa. È il segnale che i cittadini chiedono alternative audaci e sono disposti a rompere gli schemi tradizionali per trovarle.

Spagna: la trappola abitativa che frena i giovani

In Spagna, il sogno della proprietà immobiliare si sta trasformando in un miraggio per un’intera generazione. I giovani si trovano intrappolati in un circolo vizioso: spendono una quota sempre maggiore del loro reddito in affitti, riducendo drasticamente la capacità di risparmio e posticipando l’accesso alla proprietà. Questa dinamica non è solo un problema economico, ma una vera e propria frattura generazionale che ostacola la creazione di patrimonio e la stabilità a lungo termine. Una situazione che dovrebbe spingere a riflettere sulla necessità di mercati più liberi e flessibili, capaci di offrire soluzioni anziché barriere.

Commercio globale: le superpotenze rinegoziano le regole

Mentre il presidente Trump avvia il suo tour in Asia, Stati Uniti e Cina sono sul punto di finalizzare i dettagli di un nuovo accordo commerciale. Questo sviluppo, annunciato in Malesia, precede un attesissimo incontro tra i due leader e potrebbe ridisegnare le mappe del commercio globale. Per l’Europa, questo significa osservare attentamente e prepararsi a un nuovo scenario competitivo. A mio avviso, l’intensificarsi dei dialoghi bilaterali tra Washington e Pechino sottolinea l’urgenza per l’Unione Europea di agire come un blocco coeso e assertivo per difendere i propri interessi in un’arena globale in continua evoluzione.

Approfondiremo le conseguenze di questi sviluppi nella prossima edizione di The Gist.


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