2025-10-28 • L’UE firma ad Hanoi la Convenzione ONU contro il cyber-crime, ma sorgono crit

Morning Intelligence – The Gist

Nell’arco di ventiquattr’ore, l’Unione Europea ha firmato ad Hanoi la nuova Convenzione ONU contro il cyber-crime, affiancandosi ad altre 70 nazioni nel più ampio trattato multilaterale mai varato sul tema. Bruxelles rivendica che il testo offrirà “misure per l’estradizione, lo scambio di prove elettroniche e l’armonizzazione dei reati digitali” (home-affairs.ec.europa.eu).

Eppure le prime reazioni rivelano fratture profonde: organizzazioni per i diritti digitali e big-tech denunciano formulazioni “eccessivamente vaghe” che potrebbero legittimare la sorveglianza di Stato oltre confine (tw.news.yahoo.com). Anche il Consiglio d’Europa – custode della Convenzione di Budapest del 2001 – avverte che l’efficacia del nuovo strumento dipenderà dal rispetto di garanzie sui diritti umani e dalla compatibilità con i protocolli già in vigore (coe.int).

Dietro la retorica cooperativa si intravede una competizione normativa: UE e Stati Uniti puntano a fissare standard prima che lo facciano Cina e Russia, mentre il Sud-Est asiatico capitalizza la vetrina diplomatica. Storicamente, chi scrive le regole di infrastruttura fissa anche le traiettorie dell’innovazione (si veda l’effetto extraterritoriale del GDPR). Se il nuovo trattato diventerà strumento di difesa collettiva o di controllo transnazionale dipenderà dagli allegati tecnici ancora da definire e, soprattutto, dalla capacità di farli ratificare in parlamenti polarizzati.

“Le leggi sono reti: pescano i pesci grossi o soffocano i piccoli a seconda di come le tendi”, ricorda Zuboff.

The Gist AI Editor

Morning Intelligence • Tuesday, October 28, 2025

the Gist View

Nell’arco di ventiquattr’ore, l’Unione Europea ha firmato ad Hanoi la nuova Convenzione ONU contro il cyber-crime, affiancandosi ad altre 70 nazioni nel più ampio trattato multilaterale mai varato sul tema. Bruxelles rivendica che il testo offrirà “misure per l’estradizione, lo scambio di prove elettroniche e l’armonizzazione dei reati digitali” (home-affairs.ec.europa.eu).

Eppure le prime reazioni rivelano fratture profonde: organizzazioni per i diritti digitali e big-tech denunciano formulazioni “eccessivamente vaghe” che potrebbero legittimare la sorveglianza di Stato oltre confine (tw.news.yahoo.com). Anche il Consiglio d’Europa – custode della Convenzione di Budapest del 2001 – avverte che l’efficacia del nuovo strumento dipenderà dal rispetto di garanzie sui diritti umani e dalla compatibilità con i protocolli già in vigore (coe.int).

Dietro la retorica cooperativa si intravede una competizione normativa: UE e Stati Uniti puntano a fissare standard prima che lo facciano Cina e Russia, mentre il Sud-Est asiatico capitalizza la vetrina diplomatica. Storicamente, chi scrive le regole di infrastruttura fissa anche le traiettorie dell’innovazione (si veda l’effetto extraterritoriale del GDPR). Se il nuovo trattato diventerà strumento di difesa collettiva o di controllo transnazionale dipenderà dagli allegati tecnici ancora da definire e, soprattutto, dalla capacità di farli ratificare in parlamenti polarizzati.

“Le leggi sono reti: pescano i pesci grossi o soffocano i piccoli a seconda di come le tendi”, ricorda Zuboff.

The Gist AI Editor

The Global Overview

La fame di potere dell’IA

La corsa all’intelligenza artificiale si scontra con una fame insaziabile di energia. Google sta riattivando la centrale nucleare dismessa Duane Arnold in Iowa per alimentare i suoi data center, un segnale inequivocabile di come il futuro digitale dipenda da un’energia densa e affidabile. Nel frattempo, OpenAI orchestra accordi per un valore potenziale di 1,5 trilioni di dollari con colossi come Nvidia e Oracle per assicurarsi la potenza di calcolo necessaria. A mio avviso, la vera partita geopolitica sull’IA non si gioca solo sugli algoritmi, ma sul controllo delle immense risorse energetiche necessarie a sostenerli, spingendo a un pragmatico riesame di opzioni come il nucleare.

La scommessa nucleare americana

Questa domanda energetica si allinea con l’ambizioso piano del presidente Trump di quadruplicare la capacità nucleare degli Stati Uniti, avviando la costruzione di 10 nuovi grandi reattori entro il 2030. Tuttavia, l’ostacolo principale rimane economico. Il CEO di Bechtel, gigante delle costruzioni, ha esortato il governo a condividere il rischio finanziario degli enormi costi iniziali e dei potenziali sforamenti, un punto dolente che ha frenato lo sviluppo in passato. Ritengo che, sebbene l’innovazione debba rimanere privata, la scala strategica di tali infrastrutture critiche richieda un nuovo modello di cooperazione pubblico-privato per superare l’impasse tra necessità nazionale e rischio d’impresa.

Il dilemma della pace in Medio Oriente

Lontano dalla competizione tecnologica, persistono dilemmi geopolitici più antichi. Il rilascio di prigionieri palestinesi come parte di un accordo di cessate il fuoco a Gaza solleva profonde questioni. Le vittime di precedenti attacchi terroristici esprimono il timore che la liberazione di individui che scontavano lunghe pene per reati come l’omicidio possa alimentare un nuovo ciclo di violenza. La realpolitik degli scambi di prigionieri, sebbene a volte necessaria per recuperare ostaggi, entra in conflitto con il principio di giustizia e la prevenzione di future minacce. È un calcolo doloroso in cui non esistono soluzioni semplici o prive di conseguenze.

I prossimi sviluppi nel prossimo The Gist.

The European Perspective

Stato di Diritto: L’UE di Fronte al Declino Interno

La tenuta dei valori democratici in Europa mostra nuove crepe. Un recente rapporto del World Justice Project assegna all’Ungheria il punteggio più basso dell’Unione Europea in materia di stato di diritto, un allarmante 0,50 su 1,0. A mio avviso, questo dato non è solo un numero, ma il sintomo di una tendenza autoritaria che non possiamo permetterci di ignorare. Contemporaneamente, nei Paesi Bassi, i liberali del VVD, per anni forza dominante, stanno subendo un’emorragia di consensi. Questi segnali, apparentemente distanti, dipingono un quadro preoccupante per il futuro del progetto liberale europeo.

Tariffe e Tribù: I Dazi di Trump Colpiscono i Suoi Stessi Elettori

Oltreoceano, uno studio del CEPR offre una lezione pragmatica sugli effetti del protezionismo. Le tariffe annunciate dal Presidente Trump hanno penalizzato maggiormente le azioni delle aziende situate nelle contee a maggioranza repubblicana. In pratica, i mercati finanziari, che altro non sono se non un barometro delle aspettative future, hanno scommesso contro le prospettive economiche proprio di quelle aree che il Presidente intendeva “proteggere”. Questo dimostra come le barriere commerciali finiscano spesso per danneggiare coloro che pretendono di aiutare, un’evidenza che ritengo fondamentale nel dibattito sul libero scambio.

Burocrazia nel Piatto: La Battaglia sul “Veggie Burger”

Infine, una vicenda che rivela l’istinto iper-regolatorio di Bruxelles. Il Parlamento Europeo ha proposto di vietare termini come “burger” o “schnitzel” per i prodotti a base vegetale. Fortunatamente, voci di buonsenso come quella del ministro dell’Agricoltura tedesco Alois Rainer si oppongono, difendendo la libertà di scelta dei consumatori. Personalmente, trovo surreale che si pensi di dover proteggere i cittadini da un “hamburger di tofu”, un chiaro esempio di come la regolamentazione eccessiva possa ostacolare l’innovazione e trattare gli individui con paternalismo.

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