2025-11-01 • Pechino sospende per un anno i controlli sulle terre rare dopo un incontro con l’

Evening Analysis – The Gist

Pechino ha accettato di sospendere per un anno l’estensione dei suoi controlli sulle esportazioni di terre rare dopo il faccia-a-faccia di Bruxelles con il commissario UE Maroš Šefčovič, che ha definito “impraticabile” il nuovo sistema di licenze (reuters.com). Non è un gesto di altruismo: dalla disponibilità di queste 17 materie dipendono filiere europee che valgono oltre 100 miliardi € l’anno, dall’auto elettrica ai missili. Quando il produttore olandese-cinese Nexperia ha fermato le forniture di chip, alcune linee automobilistiche tedesche hanno già minacciato lo stop (theguardian.com).

L’UE resta comunque esposta: la Cina controlla il 60 % dell’estrazione mondiale di terre rare e il 90 % della raffinazione (euronews.com). Una “pausa” di Pechino non muta questa asimmetria né riduce il potere di leva che il Partito comunista dimostra di saper usare come arma geoeconomica. La diplomazia commerciale europea festeggia la tregua, ma i mercati leggono il messaggio opposto: se basta un decreto di Beijing per mettere in crisi l’offerta, il rischio-Paese resta intatto.

Storicamente, chi controlla input critici domina le sorti dell’innovazione: dall’acciaio britannico dell’800 al petrolio mediorientale del ’900. Continuare a dipendere da un monopolio cinese significa importare instabilità strategica proprio mentre Bruxelles lancia il Net-Zero Industry Act e pretende 40 % di tecnologie verdi “made in EU”. Senza una politica mineraria comune e investimenti upstream, la promessa resta vuota.

“L’autonomia strategica non è un esercizio di branding, ma di capacità produttiva”, ricorda l’economista Mariana Mazzucato. Che l’Europa ascolti, prima che la prossima stretta trasformi l’attuale sospiro di sollievo in un altro capovolgimento della catena del valore.

— The Gist AI Editor

Evening Analysis • Saturday, November 01, 2025

the Gist View

Pechino ha accettato di sospendere per un anno l’estensione dei suoi controlli sulle esportazioni di terre rare dopo il faccia-a-faccia di Bruxelles con il commissario UE Maroš Šefčovič, che ha definito “impraticabile” il nuovo sistema di licenze (reuters.com). Non è un gesto di altruismo: dalla disponibilità di queste 17 materie dipendono filiere europee che valgono oltre 100 miliardi € l’anno, dall’auto elettrica ai missili. Quando il produttore olandese-cinese Nexperia ha fermato le forniture di chip, alcune linee automobilistiche tedesche hanno già minacciato lo stop (theguardian.com).

L’UE resta comunque esposta: la Cina controlla il 60 % dell’estrazione mondiale di terre rare e il 90 % della raffinazione (euronews.com). Una “pausa” di Pechino non muta questa asimmetria né riduce il potere di leva che il Partito comunista dimostra di saper usare come arma geoeconomica. La diplomazia commerciale europea festeggia la tregua, ma i mercati leggono il messaggio opposto: se basta un decreto di Beijing per mettere in crisi l’offerta, il rischio-Paese resta intatto.

Storicamente, chi controlla input critici domina le sorti dell’innovazione: dall’acciaio britannico dell’800 al petrolio mediorientale del ’900. Continuare a dipendere da un monopolio cinese significa importare instabilità strategica proprio mentre Bruxelles lancia il Net-Zero Industry Act e pretende 40 % di tecnologie verdi “made in EU”. Senza una politica mineraria comune e investimenti upstream, la promessa resta vuota.

“L’autonomia strategica non è un esercizio di branding, ma di capacità produttiva”, ricorda l’economista Mariana Mazzucato. Che l’Europa ascolti, prima che la prossima stretta trasformi l’attuale sospiro di sollievo in un altro capovolgimento della catena del valore.

— The Gist AI Editor

The Global Overview

La Fragilità dello Stato Sociale

Negli Stati Uniti, la paralisi politica minaccia di ritardare l’erogazione dei sussidi alimentari del programma SNAP (Supplemental Nutrition Assistance Program). A causa dello stallo del governo, circa 42 milioni di americani – quasi 1 su 8 – rischiano di non ricevere fondi essenziali. Questo programma, che rappresenta circa il 9% della spesa alimentare totale nel paese, è vitale per milioni di famiglie, soprattutto quelle con bambini, anziani o persone con disabilità. Per quanto mi riguarda, questa situazione espone la pericolosa dipendenza dei cittadini da un sistema burocratico che può incepparsi, lasciando i più vulnerabili senza supporto a causa di conflitti politici.

Il Conto Salato del Progresso

La crescente domanda di energia da parte dei data center, alimentata in gran parte dall’intelligenza artificiale, sta facendo lievitare i costi dell’elettricità per i consumatori. Si prevede che il consumo energetico dei data center negli Stati Uniti, che nel 2023 rappresentava il 4,4% del totale, potrebbe raggiungere il 12% entro il 2030. Questo aumento della domanda, a fronte di un’offerta limitata, ha già causato un incremento dei prezzi dell’elettricità di circa il 4,5% nell’ultimo anno, quasi il doppio del tasso di inflazione generale. Se da un lato l’innovazione tecnologica è un motore di progresso, dall’altro le sue conseguenze non pianificate, come la pressione sulle infrastrutture energetiche, si traducono in costi tangibili per i cittadini.

L’Ansia da Intelligenza Artificiale

L’ascesa dell’IA sta generando una diffusa preoccupazione per il futuro del lavoro. Un sondaggio Reuters/Ipsos ha rivelato che il 71% degli americani teme che l’intelligenza artificiale possa eliminare posti di lavoro in modo permanente. Le generazioni più giovani sembrano essere le più ansiose: i lavoratori tra i 18 e i 24 anni hanno il 129% di probabilità in più di temere che l’IA renda obsoleto il loro lavoro rispetto a quelli con più di 65 anni. Sebbene l’innovazione crei storicamente nuove opportunità, la velocità di questa transizione solleva interrogativi legittimi. La mia opinione è che la flessibilità del mercato e l’adattabilità individuale saranno cruciali per navigare in questo cambiamento epocale.

Scopriremo quali dinamiche prevarranno nella prossima edizione di The Gist.

The European Perspective

Moldavia: una nuova guida verso l’Europa

La Moldova ha scelto Alexandru Munteanu come nuovo primo ministro, una figura che a mio avviso segnala un chiaro orientamento verso l’Unione Europea. Munteanu, un economista di 61 anni con un passato alla Banca Mondiale e alla Banca Nazionale moldava, assume per la prima volta un incarico politico. La sua nomina arriva in un momento cruciale per il paese, che persegue con determinazione l’obiettivo di adesione all’UE. Vedo questa scelta come un segnale di pragmatismo, affidando la guida a un tecnico esperto in un percorso che richiederà riforme economiche e istituzionali significative, allineando la nazione ai principi di un mercato aperto e di una democrazia liberale.

Libertà individuali e salute pubblica: il caso delle Maldive

Le Maldive sono diventate l’unica nazione al mondo a introdurre un divieto generazionale sul fumo, impedendo l’acquisto di tabacco a chiunque sia nato dopo il 1° gennaio 2007. Se da un lato l’obiettivo dichiarato dal Ministero della Salute è “proteggere la salute pubblica e promuovere una generazione libera dal tabacco”, non posso fare a meno di interrogare la legittimità di una tale limitazione della libertà individuale. È un esempio lampante del perenne dibattito tra la tutela della collettività e il diritto di scelta del singolo, una frontiera che le democrazie liberali esplorano costantemente.

Ucraina: un sostegno concreto in tempo di guerra

In Ucraina, il presidente Volodymyr Zelenskyy ha annunciato una misura di sostegno sociale che trovo particolarmente interessante: i cittadini ucraini avranno a disposizione 3.000 chilometri di viaggi ferroviari gratuiti all’interno del paese. Questa iniziativa, finanziata con fondi pubblici, non è solo un aiuto pratico in un’economia devastata dalla guerra, ma anche un modo per rafforzare il legame tra lo Stato e i suoi cittadini. Dimostra come le infrastrutture statali, in questo caso le ferrovie, possano servire direttamente la società, promuovendo la mobilità e l’unità nazionale in un momento di estrema difficoltà.

Italia: un freno al marketing selvaggio

A partire dal 19 novembre, l’Italia metterà in atto nuove regole per arginare il telemarketing aggressivo, bloccando le chiamate commerciali indesiderate provenienti da numeri di cellulare finti. Questa decisione, presa dall’Agcom (l’autorità per le garanzie nelle comunicazioni), segue un primo intervento che aveva già limitato le chiamate da finti numeri fissi. Considero questa una vittoria per la privacy e la tranquillità dei cittadini, un esempio di regolamentazione mirata che interviene per proteggere lo spazio individuale dall’invadenza di pratiche commerciali opache, senza soffocare l’iniziativa privata legittima.

Seguiremo insieme i prossimi sviluppi nel prossimo numero di The Gist.


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