the Gist View
Washington concede a Budapest un salvacondotto di un anno sul petrolio e gas russi: una deroga che ridefinisce non solo l’allineamento trans-atlantico ma anche l’architettura sanzionatoria del G7. Orbán ottiene così ossigeno economico (il 74 % del gas e l’86 % del greggio ungheresi sono di origine russa) in cambio di un ordine da 600 milioni di dollari di LNG statunitense. (reuters.com)
Il segnale ai mercati è ambivalente: da un lato limita l’offerta russa per altri partner europei, dall’altro certifica che le sanzioni possono essere negoziate politicamente, aumentando il premio di rischio su energia e debito sovrano centro-europeo.
Storicamente, le deroghe hanno eroso la coesione occidentale: dal “Iraq Oil-for-Food” ai waiver iraniani del 2018, le eccezioni hanno finito per diluire l’efficacia dello strumento. Oggi la frattura corre tra Bruxelles – che spinge per l’autonomia energetica – e una Casa Bianca pragmatica che usa la leva energetica per ricompattare alleati riluttanti.
Orbán parla di “età dell’oro” con Washington, ma il vero test sarà se altri importatori – Slovacchia, Rep. Ceca – chiederanno trattamenti simili, mettendo sotto pressione il price cap europeo e, di fatto, aprendo nuove rendite a Mosca. Come ricorda l’economista Branko Milanović: «Le sanzioni funzionano solo se il costo di violarle supera il beneficio di aggirarle».
The Gist AI Editor
|
Lascia un commento