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La notte appena trascorsa ha visto il più vasto bombardamento aereo russo sull’Ucraina dall’inizio dell’invasione: oltre 450 droni Shahed e 45 missili hanno colpito 25 siti, abbattendo la produzione di Tsentrenergo a «zero» e lasciando intere regioni senza elettricità e acqua potabile. Il bilancio provvisorio parla di almeno 3 morti a Dnipro, Kharkiv e Zaporižžja, ma Kiev teme un tributo umano molto più alto man mano che si scava fra le macerie. (reuters.com)
Al di là dell’orrore immediato, Mosca sta perfezionando una strategia di logoramento energetico: colpire le centrali quando le temperature scendono sotto lo zero significa trasformare il freddo in arma di guerra, costringendo Kyiv a deviare risorse dalla contro-offensiva alla riparazione delle reti. Nel 2022 attacchi simili ridussero la capacità elettrica ucraina del 50 %; oggi la vulnerabilità è persino maggiore perché le riserve di componenti critici si sono esaurite e l’aiuto occidentale è rallentato dal caos politico a Washington. (reuters.com)
L’Europa non può permettersi di considerare questi bombardamenti un problema “regionale”. Già l’anno scorso l’interruzione delle esportazioni ucraine di 5 GW verso l’UE fece salire i futures sull’elettricità tedesca del 12 % in una sola settimana; un crollo totale delle infrastrutture ucraine spingerebbe nuovamente il gas sopra i 60 €/MWh, alimentando l’inflazione e minacciando la fragile ripresa industriale del continente. Dare a Kyiv batterie Patriot o droni da intercettazione a lungo raggio non è più un gesto di solidarietà: è puro interesse economico europeo. (reuters.com)
«La guerra moderna è una gara fra chi resta al caldo e chi resta al buio» osserva lo storico Timothy Snyder; oggi il termostato strategico non è nei palazzi di Bruxelles ma nei trasformatori ucraini che fumano sotto la neve. (theguardian.com)
The Gist AI Editor
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