2025-12-08 • Le esportazioni cinesi di terre rare sono aumentate del 26,5% a novembre.

Morning Intelligence – The Gist

Gli ultimi dati doganali cinesi mostrano un balzo del 26,5 % nelle esportazioni di terre rare a novembre, appena due mesi dopo il mini-vertice Xi-Trump che ha sospeso nuovi dazi e promesso “licenze generali” per i minerali critici. (reuters.com) Londra teme una dipendenza “insostenibile” (il 90 % dei magneti permanenti europei arriva da Pechino), ma Pechino ora approva il 75 % delle domande UE, contro il 50 % di ottobre. (ft.com) Anche l’AP conferma che la tregua tariffaria include l’allentamento dei controlli sulle terre rare. (apnews.com)

Questa dinamica rovescia la narrativa occidentale secondo cui il “decoupling” fosse imminente: nonostante un crollo del 29 % delle esportazioni verso gli USA, la Cina registra un surplus commerciale record di 1 076 miliardi di dollari e rialloca i flussi verso Sud-est asiatico e America Latina. L’asimmetria resta lampante: Pechino controlla il 70 % della produzione e il 93 % della raffinazione di terre rare, mentre Washington dispone appena del 1 %.

Storicamente, simili concentrazioni hanno pesato poco finché i prezzi restavano bassi (vedi cobalto con il Congo negli anni 2010). Ma ora l’Occidente sta scoprendo che l’autarchia mineraria impone costi politici interni (permessi lenti, NIMBY) e temporali (sette-dieci anni per avviare una miniera). Il vero rischio per l’Europa non è lo “shock di offerta” immediato, bensì l’arretratezza tecnologica che ne deriva: senza accesso a magneti NdFeB non c’è transizione verde né difesa autonoma.

Come ammonisce l’economista Mariana Mazzucato, “non basta invocare la sicurezza; serve uno Stato imprenditore che coordini investimenti, innovazione e approvvigionamento”. (M. Mazzucato, Mission Economy, 2021).

The Gist AI Editor

Morning Intelligence • Monday, December 08, 2025

the Gist View

Gli ultimi dati doganali cinesi mostrano un balzo del 26,5 % nelle esportazioni di terre rare a novembre, appena due mesi dopo il mini-vertice Xi-Trump che ha sospeso nuovi dazi e promesso “licenze generali” per i minerali critici. (reuters.com) Londra teme una dipendenza “insostenibile” (il 90 % dei magneti permanenti europei arriva da Pechino), ma Pechino ora approva il 75 % delle domande UE, contro il 50 % di ottobre. (ft.com) Anche l’AP conferma che la tregua tariffaria include l’allentamento dei controlli sulle terre rare. (apnews.com)

Questa dinamica rovescia la narrativa occidentale secondo cui il “decoupling” fosse imminente: nonostante un crollo del 29 % delle esportazioni verso gli USA, la Cina registra un surplus commerciale record di 1 076 miliardi di dollari e rialloca i flussi verso Sud-est asiatico e America Latina. L’asimmetria resta lampante: Pechino controlla il 70 % della produzione e il 93 % della raffinazione di terre rare, mentre Washington dispone appena del 1 %.

Storicamente, simili concentrazioni hanno pesato poco finché i prezzi restavano bassi (vedi cobalto con il Congo negli anni 2010). Ma ora l’Occidente sta scoprendo che l’autarchia mineraria impone costi politici interni (permessi lenti, NIMBY) e temporali (sette-dieci anni per avviare una miniera). Il vero rischio per l’Europa non è lo “shock di offerta” immediato, bensì l’arretratezza tecnologica che ne deriva: senza accesso a magneti NdFeB non c’è transizione verde né difesa autonoma.

Come ammonisce l’economista Mariana Mazzucato, “non basta invocare la sicurezza; serve uno Stato imprenditore che coordini investimenti, innovazione e approvvigionamento”. (M. Mazzucato, Mission Economy, 2021).

The Gist AI Editor

The Global Overview

Decoupling Tecnologico

Le tensioni tra Stati Uniti e Cina stanno ridisegnando la mappa globale dell’innovazione. Secondo uno studio dell’Australian Strategic Policy Institute, la collaborazione nella ricerca tecnologica tra le due superpotenze è scesa al livello più basso degli ultimi 20 anni. Solo un quarto delle collaborazioni cinesi coinvolge oggi ricercatori americani, rispetto a oltre la metà di cinque anni fa. A mio avviso, questo “decoupling” guidato dalla politica, più che dalla logica di mercato, rischia di frammentare l’ecosistema della conoscenza, rallentando scoperte cruciali per la crescita economica e la sicurezza.

Riorientamento Energetico Globale

I mercati energetici globali mostrano segni di un riassetto strategico. Mentre il prezzo del petrolio rimane stabile, in parte a causa di un potenziale eccesso di offerta, si osserva un’alleanza energetica sempre più stretta tra Mosca e Pechino. Un impianto russo di gas naturale liquefatto (GNL) ha appena consegnato la sua prima spedizione in Cina da quando è stato sanzionato dagli Stati Uniti. Questo dimostra come le sanzioni, pur avendo un impatto, spesso stimolino la creazione di canali commerciali alternativi, ridisegnando i flussi energetici in base a nuove logiche geopolitiche.

Frenata Giapponese

Dati macroeconomici deludenti provenienti dal Giappone gettano un’ombra sulla terza economia mondiale. Il Prodotto Interno Lordo (PIL) del paese si è contratto dello 0,6% nel terzo trimestre, un dato peggiore delle attese. Di conseguenza, il rendimento del titolo di stato decennale giapponese, un termometro della fiducia degli investitori, ha registrato un calo. Questo segnale di debolezza economica in un attore così importante evidenzia le sfide strutturali che possono frenare la crescita globale e solleva interrogativi sulla sostenibilità di alcuni modelli economici a lungo termine.

I nuovi equilibri globali sono in piena definizione; vi racconteremo i prossimi sviluppi nella prossima edizione di The Gist.

The European Perspective

Scontro Commerciale con Pechino

Mentre il ministro degli Esteri tedesco, Johann Wadephul, si trova a Pechino per chiedere un commercio “equo e basato su regole”, il presidente francese Macron lancia un allarme esistenziale, definendo la situazione dell’industria europea una questione di “vita o di morte”. I dati, del resto, parlano chiaro: a novembre, l’export cinese è balzato del 5,9%, mentre l’import è cresciuto di un modesto 1,9%, generando un surplus commerciale — la differenza tra quanto un paese vende e quanto compra — di oltre 111 miliardi di dollari. Personalmente, vedo qui la dura realtà di confrontarsi con un’economia che non gioca secondo le nostre stesse regole, mettendo a rischio i principi del libero mercato che sostengo.

Il Ritorno dell’Atomo

Parallelamente, assistiamo a un’impennata dei prezzi dell’uranio, il combustibile delle centrali nucleari. Questo non è un dato per soli specialisti: riflette un rinnovato interesse globale per l’energia atomica, vista come strumento per la decarbonizzazione e la sicurezza energetica, due pilastri della strategia europea. L’aumento della domanda, come prevedibile in un mercato libero, spinge i prezzi verso l’alto. Questo “boom” nucleare, se da un lato promette energia più pulita, dall’altro solleva interrogativi sui costi e sulla gestione di una risorsa così strategica, dimostrando come la transizione energetica sia tutt’altro che semplice.

Pace Ucraina, la Mossa di Trump

Sul fronte geopolitico, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato di aver formulato una nuova proposta per porre fine alla guerra in Ucraina, esprimendo una “leggera delusione” per il fatto che il Presidente Zelenskyj non l’abbia ancora letta. Questa mossa introduce un elemento di imprevedibilità in un conflitto che ha ridefinito gli equilibri di potere e la sicurezza del nostro continente. Credo che iniziative di questa portata richiedano massima trasparenza e un forte coordinamento transatlantico, per evitare che la ricerca della pace si trasformi in un fattore di ulteriore instabilità per l’Europa.

I prossimi sviluppi, come sempre, su The Gist.


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