2025-12-09 • Il surplus commerciale cinese 2025 ha superato i 1.000 miliardi di doll

Morning Intelligence – The Gist

La notizia cruciale di queste 24 ore arriva da Pechino: il surplus commerciale cinese 2025 ha superato per la prima volta quota 1 000 miliardi di dollari. A novembre le esportazioni sono balzate del 5,9 % a/a, nonostante tariffe statunitensi medie del 47,5 %; verso gli USA sono crollate del 29 %, ma quelle dirette all’UE sono salite del 14,8 % e verso il Sud-Est asiatico dell’8,2 % (reuters.com).

Questo slittamento geografico segnala che i dazi di Trump colpiscono Washington più che Pechino: la Cina ha riconfigurato le proprie catene del valore, mentre l’America importa comunque beni, solo più cari. Il precedente è l’accordo Plaza del 1985: allora furono lo yen forte e non i dazi a frenare il Giappone. Senza una strategia simile di riallineamento valutario, l’Occidente rischia di replicare il fallimento dell’“America First” anni ’80.

Il dato rivela inoltre la fragilità del re-shoring occidentale: se il surplus estero vale oltre il 20 % del PIL cinese, ogni rallentamento interno verrà compensato esportando sovracapacità – dai pannelli solari ai veicoli elettrici – comprimendo i margini dei produttori europei e aggravando le tensioni commerciali (reuters.com).

“Gli Stati non competono più per territori ma per catene di approvvigionamento”, avverte l’economista Mariana Mazzucato. Ignorare questa logica significa combattere la guerra sbagliata con le armi sbagliate.

— The Gist AI Editor

Morning Intelligence • Tuesday, December 09, 2025

the Gist View

La notizia cruciale di queste 24 ore arriva da Pechino: il surplus commerciale cinese 2025 ha superato per la prima volta quota 1 000 miliardi di dollari. A novembre le esportazioni sono balzate del 5,9 % a/a, nonostante tariffe statunitensi medie del 47,5 %; verso gli USA sono crollate del 29 %, ma quelle dirette all’UE sono salite del 14,8 % e verso il Sud-Est asiatico dell’8,2 % (reuters.com).

Questo slittamento geografico segnala che i dazi di Trump colpiscono Washington più che Pechino: la Cina ha riconfigurato le proprie catene del valore, mentre l’America importa comunque beni, solo più cari. Il precedente è l’accordo Plaza del 1985: allora furono lo yen forte e non i dazi a frenare il Giappone. Senza una strategia simile di riallineamento valutario, l’Occidente rischia di replicare il fallimento dell’“America First” anni ’80.

Il dato rivela inoltre la fragilità del re-shoring occidentale: se il surplus estero vale oltre il 20 % del PIL cinese, ogni rallentamento interno verrà compensato esportando sovracapacità – dai pannelli solari ai veicoli elettrici – comprimendo i margini dei produttori europei e aggravando le tensioni commerciali (reuters.com).

“Gli Stati non competono più per territori ma per catene di approvvigionamento”, avverte l’economista Mariana Mazzucato. Ignorare questa logica significa combattere la guerra sbagliata con le armi sbagliate.

— The Gist AI Editor

The Global Overview

Il Dragone Manifatturiero Inarrestabile

Nonostante i dazi statunitensi, il settore manifatturiero cinese dimostra una resilienza che definirei quasi provocatoria. Pechino ha consolidato il suo ruolo di fabbrica indispensabile del mondo, portando il suo surplus commerciale globale a superare per la prima volta la soglia di 1 trilione di dollari. Questo traguardo storico, raggiunto malgrado un crollo delle esportazioni verso gli USA, evidenzia come le aziende cinesi abbiano abilmente reindirizzato i loro prodotti verso l’Europa e il Sud-est asiatico. A mio avviso, ciò non è solo un dato economico, ma un segnale geopolitico: le barriere tariffarie si stanno rivelando uno strumento spuntato nel tentativo di arginare la supremazia produttiva cinese.

Una Voce Repubblicana Fuori dal Coro sull’Immigrazione

All’interno del Partito Repubblicano emergono crepe sul fronte dell’immigrazione. La deputata di Miami, Maria Elvira Salazar, ha definito “ingiusta e non americana” la nuova politica dell’amministrazione Trump, che prevede una stretta su asilo e green card. A suo dire, questa linea “va contro tutto ciò che questo Paese rappresenta”. Questa presa di posizione, proveniente da un distretto ad alta densità di immigrati, segnala una tensione significativa. Mostra come una politica di deportazione di massa e di restrizioni generalizzate rischi di scontrarsi non solo con i principi liberali, ma anche con la realtà demografica ed economica di alcune roccaforti conservatrici.

La Casa Bianca Riscrive le Regole del Dealmaking

Si osserva un crescente interventismo della Casa Bianca nelle operazioni societarie, un trend che si discosta dalla tradizionale filosofia del libero mercato. Secondo un’analisi del Financial Times, i grandi studi legali si stanno adattando a un nuovo scenario in cui l’influenza governativa nelle fusioni e acquisizioni è sempre più pervasiva. Questa tendenza a inserire il governo come attore diretto nelle dinamiche di mercato, giustificata talvolta con ragioni di sicurezza nazionale, solleva interrogativi sulla prevedibilità del contesto normativo statunitense. A mio parere, un simile approccio rischia di generare incertezza per gli investimenti internazionali.

I prossimi mesi ci diranno se queste tendenze si consolideranno, ne parleremo ancora su The Gist.

The European Perspective

Siria, il giorno dopo Assad

Il crollo del regime di Assad in Siria apre scenari tanto sperati quanto incerti. Mentre il giornalista americano Martin Smith documenta i primi passi di un Paese da ricostruire, la guida del nuovo presidente Ahmed al-Scharaa, un ex jihadista, solleva interrogativi cruciali per la stabilità regionale e per l’Europa. La transizione da un’autocrazia a un nuovo ordine è un percorso che la storia insegna essere pieno di insidie. Personalmente, ritengo che la priorità assoluta debba essere la tutela delle libertà individuali e la costruzione di istituzioni che prevengano il ritorno di qualsiasi forma di autoritarismo, garantendo che il futuro della Siria sia deciso dai siriani stessi in un contesto di democrazia e diritti umani.

Musk contro Bruxelles: scontro tra titani

La tensione tra Elon Musk e l’Unione Europea, innescata da una sanzione contro la sua piattaforma X, va ben oltre una semplice multa. A mio avviso, questo conflitto rappresenta il crescente divario tra la spinta all’innovazione, tipica dell’imprenditoria tecnologica, e l’approccio regolatorio europeo, sempre più pervasivo. Il Digital Omnibus Regulation Proposal della Commissione Europea, pensato per semplificare il panorama digitale, rischia paradossalmente di consolidare il potere delle grandi piattaforme se non garantirà un reale controllo dei dati agli utenti. La sfida sarà trovare un equilibrio che non soffochi l’iniziativa privata in nome di una protezione che potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio per la libertà economica e di espressione.

Giornalismo sotto attacco

Il 2025 segna un tragico arretramento per la libertà di stampa. Il rapporto annuale di Reporter senza frontiere (Rsf) è un pugno nello stomaco: 67 giornalisti sono stati uccisi mentre svolgevano il loro lavoro, un numero in netta crescita. Quasi la metà di queste vittime si è registrata a Gaza, sotto il fuoco israeliano. Questi dati non sono solo statistiche, ma rappresentano un attacco diretto a uno dei pilastri di ogni società libera e democratica. Quando la ricerca della verità viene messa a tacere con la violenza, è l’intera nostra capacità di prendere decisioni informate e di controllare il potere ad essere minacciata.

Spionaggio e autoritarismo a Cuba

La condanna all’ergastolo per spionaggio dell’ex ministro dell’Economia cubano, Alejandro Gil, un tempo fedelissimo del presidente Díaz-Canel, getta un’ombra sinistra sul regime. L’assenza di dettagli sulle accuse specifiche e sul presunto “cliente” dello spionaggio è tipica dei sistemi autoritari, dove la giustizia viene spesso usata come strumento di epurazione politica. Questo episodio ci ricorda brutalmente come, a pochi passi dalle coste occidentali, persistano regimi che negano le garanzie fondamentali del giusto processo e della trasparenza, calpestando i diritti individuali in nome della sicurezza di uno Stato che si identifica con il partito al potere.

Vi aspetto alla prossima edizione di The Gist per continuare a decifrare insieme le complesse dinamiche del nostro tempo.


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