2025-12-22 • L’appetito di capitale dell’IA è ai massimi, con debiti in crescita e

Evening Analysis – The Gist

Buonasera,

l’appetito di capitale dell’intelligenza artificiale ha appena toccato un nuovo picco. Secondo un’analisi Reuters, nel 2025 i colossi tech hanno emesso 428,3 miliardi di dollari di obbligazioni – più del doppio del boom Covid del 2020 – con i soli gruppi statunitensi a quota 341,8 miliardi. Il rapporto debito/EBITDA mediano del settore è raddoppiato a 0,4, mentre il cash-flow operativo sul debito è sceso ai minimi da cinque anni, segnale che la leva cresce più in fretta degli utili. (reuters.com)

Il mercato inizia a irrigidirsi: AustralianSuper (A$ 400 mld) ridurrà l’esposizione all’azionario USA proprio per «valutazioni elevate e leva in rapido aumento» legate all’AI. (ft.com)

Eppure la giostra non rallenta: OpenAI punta a raccogliere fino a 100 miliardi di dollari, spingendo la valutazione potenziale a 830 miliardi – il più grande fund-raising privato della storia tecnologica. (wsj.com)

Il paradosso è evidente: l’AI promette efficienza, ma la sua infrastruttura energetica e computazionale divora capitale e gonfia il debito aziendale. Il 1920 fu l’era delle ferrovie obbligazionarie, gli anni ’80 quella delle telecom; oggi rischiamo una “bolla di silicio” alimentata da data-center affamati di gigawatt. Senza una redditività commisurata, la festa dei bond potrebbe tramutarsi in zavorra – non per un cigno nero, ma per un «algoritmo grigio» che erode margini nel lungo periodo.

«Il progresso è un credito che la realtà riscuote con interessi», avverte Evgeny Morozov.

The Gist AI Editor

Evening Analysis • Monday, December 22, 2025

the Gist View

Buonasera,

l’appetito di capitale dell’intelligenza artificiale ha appena toccato un nuovo picco. Secondo un’analisi Reuters, nel 2025 i colossi tech hanno emesso 428,3 miliardi di dollari di obbligazioni – più del doppio del boom Covid del 2020 – con i soli gruppi statunitensi a quota 341,8 miliardi. Il rapporto debito/EBITDA mediano del settore è raddoppiato a 0,4, mentre il cash-flow operativo sul debito è sceso ai minimi da cinque anni, segnale che la leva cresce più in fretta degli utili. (reuters.com)

Il mercato inizia a irrigidirsi: AustralianSuper (A$ 400 mld) ridurrà l’esposizione all’azionario USA proprio per «valutazioni elevate e leva in rapido aumento» legate all’AI. (ft.com)

Eppure la giostra non rallenta: OpenAI punta a raccogliere fino a 100 miliardi di dollari, spingendo la valutazione potenziale a 830 miliardi – il più grande fund-raising privato della storia tecnologica. (wsj.com)

Il paradosso è evidente: l’AI promette efficienza, ma la sua infrastruttura energetica e computazionale divora capitale e gonfia il debito aziendale. Il 1920 fu l’era delle ferrovie obbligazionarie, gli anni ’80 quella delle telecom; oggi rischiamo una “bolla di silicio” alimentata da data-center affamati di gigawatt. Senza una redditività commisurata, la festa dei bond potrebbe tramutarsi in zavorra – non per un cigno nero, ma per un «algoritmo grigio» che erode margini nel lungo periodo.

«Il progresso è un credito che la realtà riscuote con interessi», avverte Evgeny Morozov.

The Gist AI Editor

The Global Overview

La scommessa di Alphabet sull’IA

Alphabet, la società madre di Google, sta accelerando la sua corsa all’intelligenza artificiale con l’acquisizione di Intersect per 4,75 miliardi di dollari. L’accordo non riguarda solo i progetti di data center in via di sviluppo, ma anche l’accesso a gigawatt di energia e al team di Intersect. A mio avviso, questa mossa evidenzia come l’innovazione nel settore privato non dipenda solo dal software, ma sempre più dal controllo dell’infrastruttura fisica ed energetica sottostante. È un classico esempio di integrazione verticale, dove i giganti tecnologici cercano di assicurarsi le risorse necessarie per dominare la prossima fase della rivoluzione digitale, una strategia che il libero mercato tende a premiare.

Il gigante immobiliare cinese vacilla

La crisi del promotore immobiliare cinese Vanke suggerisce che il sostegno di Pechino al settore ha dei limiti. Mentre molti dei suoi concorrenti sono già falliti, un potenziale crollo di Vanke, un tempo considerato un modello di stabilità, solleverebbe seri interrogativi sulla capacità del governo di gestire una crisi che nel 2026 entrerà nel suo sesto anno. Per chi osserva i mercati, questa situazione è un chiaro monito: le politiche centralizzate possono ritardare, ma non sempre prevenire, le inevitabili correzioni quando le fondamenta economiche sono deboli. La stabilità a lungo termine richiede riforme di mercato, non puntelli statali.

Capitali privati e il futuro dei media

La battaglia per il controllo di Warner Bros. Discovery si infiamma con un colpo di scena significativo: Larry Ellison, presidente di Oracle, si è impegnato a sostenere personalmente l’offerta di Paramount Skydance con una garanzia di 40 miliardi di dollari. Questa mossa, a sostegno dell’azienda guidata da suo figlio, dimostra la potenza dirompente del capitale individuale nelle grandi partite societarie, sfidando concorrenti del calibro di Netflix. Vedo in questo episodio una celebrazione dell’imprenditorialità e del rischio personale, elementi che spesso catalizzano i cambiamenti più audaci in un mercato competitivo, molto più degli anonimi processi decisionali delle grandi corporazioni.

La “Flotta d’Oro” e l’industria navale USA

L’amministrazione Trump ha svelato i piani per una nuova classe di navi da guerra, parte dell’iniziativa “Golden Fleet” volta a rivitalizzare la cantieristica statunitense. L’obiettivo è colmare le lacune nelle navi di piccole dimensioni, una debolezza emersa nelle recenti operazioni militari. Sebbene la sicurezza nazionale sia un legittimo dominio del governo, iniziative di questa portata sollevano interrogativi sulla loro efficienza e sui potenziali effetti distorsivi per l’industria. A mio parere, tali programmi rischiano di privilegiare la spesa pubblica rispetto a soluzioni più innovative e competitive che potrebbero emergere dal settore privato.

Il quadro completo di questi sviluppi globali continuerà a definirsi. Restate con noi per la prossima edizione di The Gist.

The European Perspective

Gas, un’inaspettata tregua invernale

Una notizia positiva per le economie europee: il prezzo del gas naturale sul mercato di Amsterdam, il punto di riferimento per l’intero continente, ha chiuso in calo, attestandosi a 27,6 euro per Megawattora. Questa discesa, sebbene modesta, rappresenta un sollievo concreto per le finanze di famiglie e imprese. Un costo dell’energia più basso si traduce direttamente in bollette meno onerose e minori costi di produzione per le nostre industrie, offrendo un prezioso margine in un contesto di crescita ancora fragile e aiutando a contenere le pressioni inflazionistiche. A mio avviso, questa dinamica evidenzia la crescente capacità del mercato europeo di adattarsi e diversificare le proprie fonti, un passo fondamentale verso una maggiore indipendenza e sicurezza energetica.

Italia, il prezzo dell’incertezza

Dall’Italia, l’istituto di statistica Istat lancia un segnale che dovrebbe far riflettere tutta l’Europa: l’intenzione di avere figli continua a diminuire. Solo il 21,2% degli italiani tra i 18 e i 49 anni prevede di avere un figlio nei prossimi tre anni. La ragione principale, citata in un terzo dei casi, è di natura economica. Questi numeri non sono semplici statistiche, ma lo specchio di una diffusa mancanza di fiducia nel futuro. Personalmente, ritengo che questa crisi demografica sia il sintomo di un’economia che fatica a offrire opportunità stabili e ben retribuite, spingendo molti a rimandare o rinunciare a progetti di vita fondamentali. La vera sfida, a mio parere, non è solo offrire sussidi, ma liberare le energie imprenditoriali per creare un benessere diffuso e duraturo.

Regno Unito, una nuova rotta fiscale

Oltre la Manica, il nuovo governo laburista del Regno Unito segnala un cambio di passo nella gestione delle finanze pubbliche. La Cancelliera dello Scacchiere, Rachel Reeves, ha annunciato che il governo intende tenere un solo “grande evento fiscale” all’anno, con le prossime previsioni economiche fissate per marzo. Questa decisione, mirata a garantire maggiore stabilità e prevedibilità per i mercati e le imprese, è un segnale che apprezzo. Basare le decisioni su dati concreti, forniti da organismi indipendenti come l’Office for Budget Responsibility (OBR), e ridurre l’incertezza normativa sono pilastri essenziali per attrarre investimenti e favorire una crescita economica sana, lontana da interventi estemporanei e imprevedibili.

Vi invito a scoprire i prossimi sviluppi nella prossima edizione di The Gist.


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